Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Ci era sfuggito quando lo scorso autunno era stato presentato nella sezione Gala al Festival Internazionale del Film di Roma, Il segreto del suo volto (Phoenix in originale), intenso melodramma diretto da Christian Petzold, regista de La scelta di Barbara e Yella. L’apprezzato autore tedesco torna a costruire una storia intorno alla figura di Nina Hoss, sua musa, che si conferma essere una delle attrici più interessanti del panorama europeo contemporaneo. In Phoenix, noir ambientato a Berlino nell’estate del 1945, la Hoss è Nelly, cantante ebrea miracolata che torna dai campi di concentramento col volto completamente sfregiato e ricostruito dopo un intervento di chirurgia plastica. Verrà aiutata dall’amica Lene (Nina Kunzendorf) a ottenere una nuova identità e a ripartire da zero, mettendosi sulle tracce dell’ex marito Johnny (Ronald Zehrfeld). Lo ritrova tuttofare nel locale che dà il nome al film, una specie di Angelo azzurro sul palco del quale da un momento all’altro ci si aspetta di veder spuntare Lola Lola Marlene Dietrich. Johnny quando la vede non la riconosce, eppure qualcosa in lei gli ricorda molto sua moglie. Così le chiede di assumere l’identità di Nelly per mettere le mani sull’eredità della famiglia di lei.
Se Hitchcock fosse vivo probabilmente avrebbe adorato questo film. Melodramma fassbinderiano attraverso il quale Petzold tratta il tema che prima o poi ogni regista tedesco è costretto ad affrontare (il nazismo e le sue conseguenze), Il segreto del suo volto è insieme un omaggio affatto velato a Vertigo e al contempo, una sorta di evoluzione di quest’ultimo, un ulteriore passo avanti sul tema del doppio. Il fatto che Nelly sia se stessa e al contempo la donna che finge di essere la persona che non è più, è un avvitamento carpiato sul tema dell’identità, giocato tutto sulla splendida performance di Nina Hoss. Il film è una parabola di presa di coscienza che si dipana attraverso i suoi gesti e i suoi silenzi in cui i sentimenti quasi non esistono più e vengono rimpiazzati dal desiderio di sopravvivenza.
Sfruttando al meglio lentezze e manierismi da cinema d’atmosfera di una volta, Petzold veste i suoi personaggi di tutto punto e li fa muovere in una Berlino anno zero che, proprio come Nelly, sembra aver perso del tutto la propria identità. Attingendo a piene mani dal Bergman di Persona, dal Franju di Occhi senza volto e dall’Almodóvar de La pelle che abito, oltre che dal già citato La donna che visse due volte, Il segreto del suo volto accantona del tutto la componente politica per dar risalto al risvolto umano dei protagonisti e fa del rigore narrativo e del laconismo interpretativo un punto di forza inattaccabile, soprattutto nel magnifico finale. Sulle note di Speak Low, calzantissmo brano jazz portato al successo da Billie Holiday nel quale confluiscono i vari temi del film, prendiamo congedo da Nelly e dalla sua storia di apparente apatia.
Voto 8
Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.
La donna che visse due volte, o forse tre, nella Germania anno zero di Christian Petzold. Con una meravigliosa Nina Hoss.
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