Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Che la Dreamworks Animation non stia attraversando un momento d’oro ormai è cosa nota. Il colosso del cinema d’animazione negli ultimi anni ha subito una brusca battuta d’arresto le cui dirette conseguenze sono state la scelta di diminuire la produzione da tre a due film l’anno (ufficialmente, ma di fatto Home – A casa è l’unico in uscita nel 2015), la chiusura di uno dei suoi studi più importanti, la PDI DreamWorks, con annesso licenziamento di 500 persone e la vendita del quartier generale della compagnia, lo storico edificio a Glendale in California, il cui ricavato servirà a riempire momentaneamente le casse della società con 185 milioni di dollari. Dopo il flop de Le 5 leggende e di Mr. Peabody e Sherman (forse operazioni più di marketing che non di pancia) la Dreamworks non è riuscita a risolvere il problema degli incassi nemmeno con I pinguini di Madagascar e le speranze riposte in questo Home – A casa, trentunesimo lungometraggio dello studio cinematografico, difficilmente riuscirà a compiere il miracolo. Costato 135 milioni di dollari, dovrà incassarne almeno il doppio per evitare ulteriori disastri.
Adattamento del romanzo per ragazzi The True Meaning of Smekday, scritto da Adam Rex nel 2007 e uscito in Italia proprio in questi giorni con il titolo Quando gli alieni trovarono casa, Home – A casa racconta una storia non troppo originale che ha inizio quando, per sfuggire alla minaccia dei temibili Gorg, la razza aliena dei Boov sceglie di rifugiarsi sul pianeta Terra. Considerando gli umani una specie inferiore, gli extraterrestri li rapiscono e li confinano in Australia. Il piccolo e goffo Oh (doppiato nella versione originale dall’attore della serie tv cult The Big Bang Theory, Jim Parsons), per errore, invita l’intera galassia all’inaugurazione della sua nuova casa, rischiando di segnalare, così, la posizione del suo popolo ai nemici. Costretto a scappare dagli altri Boov che vogliono arrestarlo, Oh conosce Tip (Rihanna nella versione originale) che, insieme al suo gatto Pig, cerca disperatamente di ritrovare sua madre, anche lei rapita dai Boov. Inutile dire che tra Oh e Tip, uniti per fermare la distruzione della Terra e permettere la riappacificazione delle rispettive razze, nascerà una profonda amicizia.
Con una protagonista femminile ricalcata totalmente su Rihanna (anche Tip è originaria delle Barbados e di indole piuttosto indipendente), autrice anche di alcuni brani della colonna sonora, Home – A Casa trova però in Oh e nei suoi buffi conterranei tentacolati l’aspetto più riuscito. Il goffo alieno che cambia colore quando mente o quando si emoziona e che parla con un linguaggio infantile è anche uno dei pochi elementi da salvare di questo film che, puntando su un’animazione a tinte piene, netta e coloratissima si rivolge a un pubblico di giovanissimi, tagliando del tutto fuori le altre fasce di spettatori. Banalizzando temi tanto apprezzabili quanto strabusati come l’amicizia tra un umano e un extraterrestre o l’accettazione del diverso (tralasciando E.T., pensiamo al più recente Lilo & Stitch o a Planet 51), Tim Johnson li rielabora in modo banale e piatto, inserendo qua e là una manciata di graziosi siparietti. Rimane da capire come sia possibile che uno degli appartenenti ad una specie dipinta come sciocca e credulona come quella dei Boov sia in grado di aggiustare uno scassone di auto in quattro e quattr’otto, rendendola volante, alimentata a carburante fruttato e accessoriandola con razzi burrito rimane un mistero. Ma evidentemente Jeffrey Katzenberg ha ben altro di cui occuparsi al momento.
Voto 5
Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.
L’invasione aliena firmata DreamWorks e diretta da Tim Johnson che piacerà ai più piccoli. E ai fan di Rihanna.
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