Uno, anzi due

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Sono così tanti i comici teatrali che ultimamente sono passati al cinema, come interpreti ma anche come registi, che quasi viene da pensare che godano di incentivi particolari nel varcare questa soglia. Dalla Sconsolata Anna Maria Barbera all’ormai re del box office Checco Zalone, dal Giovanni Vernia di Ti stimo fratello al recentissimo Paolo Cevoli, assessore romagnolo, passato dal palco al fronte della Grande Guerra con Soldato seplice. Marizio Battista un piede nel mondo del cinema lo aveva già messo (ha lavorato con Giovanni Veronesi in Viola bacia tutti e ne L’ultima ruota del carro, oltre che con Avati e Pieraccioni), ma Uno, anzi due segna il suo debutto anche come sceneggiatore, oltre che come interprete. Il comico romano porta in sala il suo modo di fare satira (per l’occasione ripulita dalle volgarità e dalle parolacce) che trae spunto soprattutto dal quotidiano e dalla gente comune per raccontare una storia semplice di un personaggio onesto e  ingenuo che si trova, suo malgrado, a fare i conti con una situazione più grande di lui.



Conosciamo Maurizio (Maurizio Battista) in un momento piuttosto nero: è su Ponte Sisto e minaccia di buttarsi nel Tevere. Messo alla strette dalle sue stesse bugie, l’uomo è intenzionato a concludere la propria esistenza nel giorno del matrimonio del figlio. In suo soccorso (ma anche in un certo senso, in appoggio) arrivano numerosi personaggi, ognuno desideroso di conoscere le motivazioni alla base dell’insano gesto che Maurizio sta per compiere. Comincia così il viaggio a ritroso negli eventi che lo hanno portato a prendere questa infelice decisione: la morte del padre (Ninetto Davoli), barista ballerino e sciupafemmine e i debiti che questi gli ha lasciato, che lo costringono prima a vendere il bar di famiglia al suo dipendente cinese e poi ad abbandonare anche la propria abitazione. Il tutto sotto lo sguardo ignaro di moglie e figlio, quest’ultimo in procinto di mettere su famiglia e di usufruire dell’abitazione dei genitori.

Diretto da Francesco Pavolini, già regista di alcune puntate de I Cesaroni qui al suo esordio dietro la macchina da presa, Uno, anzi due non è il solito film di comici provenienti dal cabaret. Non si presenta infatti come un insieme slegato e sconclusionato di sketch attaccati l’uno all’altro, che quasi sempre contradtingue il cambio di media di un attore proveniente dai palchi, ma poggia su una struttura narrativa di fondo che funge da cornice alle vicende di Maurizio e della sua famiglia. Peccato che lo script stenti a decollare e anche a chiudersi in modo corretto, con le tante perentesi aperte lasciate allo sbando, storia del personaggio principale compresa. A parte questo, il problema principale di Uno, anzi due è che graffia poco e la scelta di voler realizzare un film garbato e popolare insieme appare giustificata fino a un certo punto. Perché un personaggio della piccola, anzi piccolissima, borghesia romana che vive in un palazzo con le finestre che affacciano su Piazza Vittorio (e che a occhio e croce sembra lo stesso in cui Silvio Muccino ha girato il suo ultimo, dimenticabile film), che non dice nemmeno una parolaccia, stenta ad essere credibile fino in fondo. Nota di merito al cast, ben assortito, che regala non poche sorprese, fra tutte una Claudia Pandolfi perfettamente a proprio agio in un personaggio mai così sopra le righe.

Voto 5,5

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Carolina Tocci

Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.

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