Child 44 – Il bambino n. 44

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Russia stalinista all’inizio degli anni Cinquanta.
Leo Demidov (Tom Hardy) è un eroe di guerra diventato un pezzo grosso dell’MGB, il servizio di sicurezza nazionale dello Stato, che si ritrova all’improvviso a perdere tutte le certezze e gli agi garantiti dalla sua posizione quando si rifiuta di denunciare sua moglie Raisa (Noomi Rapace), sospettata di essere una traditrice del regime.
Esiliati da Mosca e costretti a trasferirsi in un lugubre avamposto di provincia, Leo e Raisa uniscono le loro forze a quelle del generale Mikhail Nesterov (Gary Oldman) nel tentativo di risalire all’identità di un efferato serial killer, predatore di ragazzini e responsabile di una serie di omicidi che lasciano una scia di sangue lungo tutto il territorio sovietico.
La loro ricerca della verità si scontra però con i tentativi della polizia di insabbiare il caso perché, come sostiene il regime comunista, “non ci sono crimini in Paradiso”.



Trasposizione cinematografica dell’omonimo bestseller di Rob Smith, liberamente ai crimini del serial killer Andrei Chikatilo, il quale, passato alla storia come il “mostro di Rostov”, fu condannato a morte nel 1994 per l’uccisione e la mutilazione di 52 tra donne e bambini, Child 44 è uno di quei film che soffrono di un eccessivo scarto tra la bontà degli elementi messi in campo e la scarsa qualità del risultato finale.
Da una parte troviamo infatti alcune solide certezze, rappresentate in primo luogo da un cast di assoluto livello che oltre a Tom Hardy e Noomi Rapace (alla seconda esperienza insieme dopo il buon noir Chi è senza colpa) annovera Gary Oldman, diventato ormai caratterista di gran lusso, e una star in rapidissima ascesa come Joel Kinnaman, già protagonista della serie TV The Killing e presto sugli schermi nell’attesissimo Suicide Squad.
Completa il quadro la produzione di Ridley Scott, talmente innamorato del romanzo di Smith che in un primo momento avrebbe dovuto occuparsi anche della regia, e che garantisce all’opera un budget importante e una ricostruzione storica assai fedele.
Tutti questi valori aggiunti non bastano però a salvare Child 44 dal peso di una sceneggiatura eccessivamente didascalica che lo porta a superare abbondantemente le due ore di durata senza che ce ne sia davvero un motivo, cosicché alla fine le (troppe) aspettative create restano inevitabilmente deluse.

Il giovane regista svedese Daniel Espinosa porta in dote tutto il suo stile nervoso e muscolare e in alcune scene (la sequenza berlinese che apre il film e che mostra la liberazione del Reichstag da parte delle armate russe è notevolissima) riesce anche a distrarre dalla medietà generale.
Ma, come dicevamo, il problema principale è relativo alla scrittura.
Lo script di Richard Price, autore sia di Clockers che di diverse puntate di The Wire, è infatti troppo indeciso sulla strada da prendere e finisce per indugiare troppo sulle venature mélo del rapporto  tra Leo e Raisa e sulle difficoltà di vivere una storia d’amore in un clima di paranoia e sospetti come quello del dopoguerra in Russia, trascurando il versante più thrilling e smorzando di continuo una tensione che invece si vorrebbe montante.
Ciò che monta invece durante la visione è la sensazione di fastidio – causata in parte anche dal forzato accento sovietico che tutti gli interpreti adottano rischiando, in più di un’occasione, il pericolosissimo “effetto Ivan Drago” – per come l’ottimo materiale narrativo di partenza venga sprecato in un compitino così privo di passione e nerbo.
Tutto ciò senza voler considerare il cotè fortemente antisovietico dell’intera operazione che si supponeva si potesse scongiurare con la presenza di un europeo in cabina di regia e che ha invece causato l’immediata messa al bando del film in Russia.

Voto 4,5

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Fabio Giusti

Da sempre convinto che, durante la proiezione di un film, nulla di brutto possa accadere, ha un passato da sceneggiatore, copywriter e altre prescindibili attività. A parte vedere film fa ben poco.

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