Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Quando abbiamo visto la locandina di Big Game – Caccia al Presidente, ci è preso un colpo. Poi è stata la volta del trailer e anche lì… Unico pensiero confortante mentre entravamo in sala a vedere il 104° (!) film interpretato da Samuel L. Jackson: la possiblità non troppo remota che potesse essere un “nuovo” Snakes on a Plane. In fondo la storia del Presidente USA disperso tra le foreste finlandesi, dopo che l’Air Force One è precipitato come un giocattolino radiocomandato, che viene salvato da un ragazzino armato di arco e frecce era abbastanza assurda da farci sostenere quella tesi. Ma Big Game è lontano anni luce dal film di David R. Ellis e, dettaglio fondamentale, Samuel L. Jackson che, ça va sans dire, qui interpreta Mr. President, non dice mai “I’m tired of those motherfuckin’ snakes on this motherfuckin plane!“. Insomma, gli unici punti in comune tra le due pellicole sono, tristemente, la presenza di un aereo e quella di Jackson.
Forte di un budget di 8 milioni e mezzo di euro, Big Game vanta un solo primato, quello di essere il film finlandese più costoso mai realizzato, nonostante sia stato girato tra i monti tedeschi. E se Jalmari Helander (Trasporto eccezionale – Un racconto di Natale), in un primo momento sembra quasi voler imboccare la via del trash, probabilmente l’unica da percorrere quando si ha a disposizione uno script del genere, procede invece con poca convinzione e finisce per confezionare un prodotto che fa il verso a tanti action anni Novanta senza averne né le caratteristiche strutturali (lo spettacolo che prevale sulla narrazione, anche se in Big Game entrambi gli elementi faticano a venir fuori) né la sostanza. Il risultato è un thriller piuttosto ibrido che, partendo da premesse particolarmente assurde, si scava la fossa da solo nel tentare di renderle credibili di tanto in tanto lungo il percorso. Ed è un peccato perché nelle scene in cui Helander spinge sul pedale del kitsch e del grottesco, il film riprende incredibilmente quota e risulta quasi godibile.
Da palinsesto estivo di Italia Uno, seconda serata. Anche terza.
Voto 4,5
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