Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
C’è qualcosa di così piacevolmente rassicurante già nel solo fatto che Seth McFarlane ci sia e continui a fare la sua cosa indisturbato.
Nello specifico la ‘sua cosa’ è quell’umorismo anarchico e sboccato che rappresenta la cifra stilistica distintiva dell’autore sin dai tempi della prima puntata de I Griffin, nel 1999, e che, nel tempo, non lo ha mai abbandonato, sia che si trattasse di condurre la cerimonia di premiazione degli Oscar che di ribaltare i codici di uno dei generi cinematografici più codificati di sempre nell’esilarante e, per chi scrive, molto sottovalutato Un milione di modi di morire nel West.
Sebbene quindi il ritorno alle vicende che vedono per protagonista l’orsacchiotto più scorretto della storia del cinema possa apparire, a prima vista, come un modo per adagiarsi sugli allori di un successo pressoché garantito (con i suoi 469 milioni di dollari, il primo Ted è la commedia vietata ai minori ad aver incassato di più in tutto il mondo), il discorso tende a ispessirsi una volta che si sia deciso di ragionare sui motivi di tale successo.
Il talento di McFarlane è infatti sbocciato e maturato non al cinema, bensì all’interno dei meccanismi tipici della lunga serialità ed è proprio quando applicata a una struttura narrativa che dia quasi per scontata la perfetta riconoscibilità dei personaggi che la sua comicità si sviluppa al meglio.
Ted 2 inizia infatti proprio come potrebbe fare una puntata de I Griffin (o anche American Dad o The Cleveland Show, tanto per citare altre due perle nate dalla penna di McFarlane), con una scena introduttiva in cui, molto semplicemente, l’autore avverte il pubblico di ciò che accadrà nelle successive due ore: in buona sostanza si riderà come se non ci fosse un domani.
La cosa che salta all’occhio sin dalle prime sequenze è come il processo di costruzione delle situazioni comiche e il ricorso agli argomenti che informano tali situazioni (in altre parole i continui riferimenti a sesso e droghe) siano stati considerevolmente potenziati rispetto al primo film.
Il risultato è che, quando si ride, si ride di più.
Beninteso, sempre che non siate tra quelli suscettibili di intimidirsi alla vista di un orsacchiotto di peluche che fuma erba da un bong a forma di pene o per l’incidente causato da Ted e un divertito Mark Wahlberg all’interno di una banca del seme, forse la scena più esilarante dell’intero film.
Nel mezzo troviamo poi tutte le principali ossessioni di McFarlane, dall’amore incondizionato e mai celato per il musical, omaggiato con la lunga sequenza cantata che accompagna i titoli di testa, al gusto per la citazione che qui si manifesta in un adorabile richiamo a Jurassic Park e nella folle rilettura integrale di una delle scene più famose di Toro scatenato.
Ma è tutto il film ad essere un gioiellino di leggerezza e di gioioso cattivo gusto mai fine a se stesso, impreziosito dai camei di Tom Brady e Liam Neeson (quella in cui compare quest’ultimo è un’altra delle scene da tenere maggiormente d’occhio) e da un finale che potrà anche essere consolatorio ai fini della pura trama, ma cela al suo interno un sottotesto di inusitata scorrettezza politica.
Poi, è chiaro, la storia è quella che è e il modo in cui viene sviluppata risulta, a tratti, eccessivamente fiabesco, ma sarebbe un grave errore focalizzare l’attenzione su questo.
Gli aspetti più importanti – e, soprattutto, divertenti – di Ted 2 si trovano infatti negli angoli, leggermente fuori campo rispetto al buonismo di una linea narrativa che vede Ted battersi per il riconoscimento dei suoi diritti di essere umano e coincidono quasi sempre con gli insistiti riferimenti a una cultura nerd fatta di Star Wars e Signore degli anelli in cui Amanda Seyfried viene molto tranquillamente paragonata a Gollum e che rende, di fatto, Seth McFarlane un Kevin Smith perfettamente integrato nel sistema hollywoodiano e, di conseguenza, dotato di maggiori mezzi produttivi.
La profonda connessione tra i due autori, già evidente nella grana grossa dell’umorismo verbale, si palesa però in maniera incontrovertibile nella scena ambientata al Comic-Con in cui si scatena un’esilarante rissa tra cosplayer che non può non riportare alla mente l’immaginario fumettistico tipico del regista di Clerks e In cerca di Amy, il cui ultimo e notevolissimo Tusk resta ancora colpevolmente inedito in Italia.
Bando alle ciance, quindi, e correte a vedere Ted 2.
Perché si ride quasi ininterrottamente per due ore e, di questi tempi, non è affatto poco.
Voto 7
Da sempre convinto che, durante la proiezione di un film, nulla di brutto possa accadere, ha un passato da sceneggiatore, copywriter e altre prescindibili attività. A parte vedere film fa ben poco.
Torna al cinema lo sboccato orsacchiotto amante del sesso e della marijuana creato da Seth MacFarlane.
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