Il nemico invisibile

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Evan Lake (Nicolas Cage) è un agente veterano della CIA che non ha mai superato il trauma delle torture subite durante una vecchia missione e che scopre, a un passo dalla pensione, di essere affetto da una forma di demenza che a breve ne azzererà le capacità psicomotorie.
Si ritrova quindi ai ferri corti con l’organizzazione a cui ha dedicato tutta la sua vita e che, di fatto considerandolo un peso, ora lo spinge a un allontanamento anticipato.
Quando il suo giovane protetto Milton Schultz (Anton Yelchin) trova le prove che il nemico di una vita di Lake, il jihadista Muhammad Banir, potrebbe essere ancora vivo, l’uomo si ribella, decidendo di imbarcarsi da solo in una pericolosissima missione intercontinentale per eliminarlo.



Di film disconosciuti dai loro stessi autori è lastricata la strada che porta a Hollywood.
Si va dall’opera seconda di Orson Welles, L’orgoglio degli Amberson fino ad arrivare al recente caso di Accidental Love girato solo in parte da David O.Russell nel 2008 e uscito solo di recente per sfruttare la fama raggiunta nel frattempo dall’autore di American Hustle.
Dire che questi film sono il più delle volte (chiaramente non nel caso di Welles) il prodotto prescindibilissimo di un tira e molla tra le velleità artistiche di un autore e le pretese di rientro economico delle case di produzione appare quasi pleonastico, ma il caso vuole che anche questo Il nemico invisibile nasca da una controversia di questo tipo.
Solo che, ad aver disconosciuto il film, in questo caso, non è solo l’autore della sceneggiatura e regista Paul Schrader, bensì anche il produttore, il genietto danese Nicolas Winding Refn (che in un primo momento sembrava dovesse dirigere il film) e il suo stesso attore protagonista, Nicolas Cage.
Ora, passi pure per Paul Schrader che ha pur sempre scritto Taxi Driver e Toro scatenato.
Ma Nicolas Cage è un attore che, ad avere il tempo e il coraggio di scorrerne l’intera filmografia, si scopre aver interpretato alcuni dei film più ridicoli e insopportabilmente brutti della storia del cinema.
Ovvio che venga da chiedersi quanto possa essere brutto questo Il nemico invisibile per essere stato disconosciuto dal protagonista di autentici obbrobri come i due Ghost Rider o Il mandolino del Capitano Corelli.
La risposta è che sì, il film è brutto.
Di sicuro non brutto come può esserlo un brutto film con Nicolas Cage (diciamo uno qualunque di quelli prodotti da Jerry Bruckheimer) ma abbastanza se si considerano i nomi coinvolti.

Sostanzialmente è un bislacco thriller che si apre con uno dei pistolotti retorici più fascisti dai tempi di Paul Verhoeven, in cui sono assenti sia l’elemento spettacolare che quello autoriale.
Ecco quindi che lo spettatore che abbia la sfortuna di entrare in sala, magari anche solo per sfuggire alla folle calura estiva di questi giorni, si ritrova dinanzi ad un anziano eroe con un principio di demenza senile che si trascina stanco e demotivato per una stiracchiatissima ora e mezzo, alla ricerca di una futile vendetta.
In mezzo a tutto questo, il vuoto pneumatico della tensione.
Mai, nemmeno per sbaglio, la pellicola è attraversata da nulla che ricordi, anche alla lontana, il concetto di suspense.
Poi, più o meno a dieci minuti dalla fine, qualcosa accade.
Probabilmente infatti, in seguito all’allontanamento di Paul Schrader dal progetto, si è deciso di aggiungere una folle e incomprensibile sequenza al film in cui il personaggio di Cage, afasico e claudicante fino a quel momento, ritrova tutta la forma fisica di The Rock, Con Air e Fuori in 60 secondi (rispetto a quei film cambia solo il colore del toupet), inizia a sparare come se non ci fosse un domani e porta a termine una missione per la quale, solo pochi minuti prima, sembrava aver perso qualsiasi interesse.
Insomma, l’unica scena d’azione è stata evidentemente girata da un qualsiasi regista di seconda unità e incollata in calce a un film che, fino a quel punto, fa della stasi e della riflessione sulla decadenza dell’eroe classico la sua unica ragion d’essere.
Resta da capire che tipo di film era Il nemico invisibile nella testa del suo autore e come sarebbe stato se quest’ultimo lo avesse montato personalmente, anche se regia e grana dei dialoghi lasciano chiaramente intendere come, anche nel migliore dei casi, saremmo stati qui a parlare non dell’assoluto disastro che alla fine si rivela essere, ma senz’altro di uno Schrader minore.

Voto 3

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Fabio Giusti

Da sempre convinto che, durante la proiezione di un film, nulla di brutto possa accadere, ha un passato da sceneggiatore, copywriter e altre prescindibili attività. A parte vedere film fa ben poco.

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