Life

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Il 30 settembre del 1955, nel tardo pomeriggio, una Ford Tudor nera tagliava la strada a una Porsche Spyder 550 nei pressi di Cholame, California. Alla guida di quest’ultima c’era il 24enne James Dean, astro nascente di Hollywood, che si recava a una gara automobilistica. La sua fine coincise con l’inizio di una seconda vita, quella da leggenda del cinema. Icona cul­tu­ra­le ancor prima che estetica, em­ble­ma di un reale an­ti­con­for­mismo, il timido e sfuggente Jimmy Dean fu lo specchio di una generazione complessa come era quella americana postbellica. Ventenne sofferente e ragazzo della porta accanto che mascherava il suo enorme disagio nei confronti della vita attraverso sfide e provocazioni, con i suoi tre film in cui risulta accreditato, fu un caso unico di perfetta identificazione tra personaggio e attore.



E il regista e fotografo olandese Anton Corbijn non si è lasciato sfuggire l’opportunità di realizzare un ritratto del Dean ultimo divo proprio a pochi mesi dalla sua morte, utilizzando come pretesto l’amicizia tra l’attore (Dane DeHaan) e il fotografo Dennis Stock (Robert Pattinson). Il servizio fotografico che Stock riuscì poi a vendere al magazine Life, portò i due giovani a intraprendere insieme un viaggio attraverso gli Stati Uniti – da Los Angeles a New York fino in Indiana, luogo in cui Dean era cresciuto – che avrebbe cambiato per sempre la vita del giovane fotografo e prodotto alcune delle immagini di Dean che sarebbero divenute tra le più note e rappresentative di quell’epoca.

L’autore di The Ame­ri­can, A Most Wan­ted Man e dell’intenso dram­ma bio­gra­fi­co sulla vita del lea­der dei Joy Di­vi­sion Ian Curtis, Control, sceglie nuovamente di raccontare, con l’eleganza formale che contraddistingue il suo stile, il dramma personale di un artista nel momento in cui la sua carriera è a un passo dal successo. James come Ian: entrambi tormentati, entrambi scomparsi all’apice del successo ed entrambi destinati all’immortalità, loro malgrado.
Presentato come Evento Speciale all’ultima Berlinale, Life è un film di attori denso e dalle forti atmosfere malinconiche. Dane DeHaan mette in scena un somigliantissimo James Dean tanto sensibile ed emotivo quanto sfuggente con il sistema Hollywoodiano (perfettamente incarnato dal Jack Warner – Ben Kingsley, che in originale parla con il forte accento yiddish che contraddistingueva il dispotico mogul dell’industria cinematografica) e Robert Pattinson non è da meno, capace di mettersi da parte e di fare da spalla al suo collega, restituendo perfettamente l’insoddisfazione personale e lavorativa del suo personaggio, insieme con l’affannata ricerca di un’affermazione professionale.
L’occhio di Dennis Stock si fonde fino a diventare un tutt’uno con quello di Corbijn che cerca di fotografare un Dean non convenzionale e a proprio agio tra le pareti della sperduta fattoria dell’Indiana in cui è cresciuto. L’andatura flemmatica con cui gli eventi si succedono in Life è contemporaneamente il pregio e il difetto di una pellicola che non si propone di ridiscutere o di esaminare aspetti ancora poco noti della vita di Dean, bensì di raccontarli in un modo prevalentemente algido e visuale, esteticamente impeccabile ma forse eccessivamente esile dal punto di vista drammaturgico.

Voto 6,5

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Carolina Tocci

Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.

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