Showbiz – La recensione dal Festival di Roma

Di Fabio Giusti
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Scheda
(Italia, 2015)
Uscita: –
Regia: Luca Ferrari
Con: Riccardo Modesti, Massimo Marino, Stefano Natali, Shultz
Durata: 1 ora e 15 minuti
Distribuzione: –

Riccardo Modesti è, da sempre, il patron di Miss Intimo, un rustico concorso di bellezza con location in un ristorante sul lago di Nemi. Shultz ha lavorato per anni come microfonista al Maurizio Costanzo Show. Adesso è in pensione, dipinge quadri astratti e la sera va per locali per evitare di pensare alle “cose brutte”. Stefano Natale è un amico d’infanzia di Carlo Verdone. Verso la fine degli anni Settanta l’attore si ispirò a lui per la parlata del giovane protagonista naif del suo Un sacco bello e da allora Stefano, ogni volta che apre bocca, è perseguitato da gente che crede stia imitando Verdone. Massimo Marino vive quasi esclusivamente di notte e conduce una trasmissione itinerante in cui intervista attrici porno subito prima che queste si esibiscano in club a luci rosse.
Le vite di questi quattro personaggi irregolari si trascinano lente tra le case, le strade, le feste e i locali notturni di una Roma molto poco glamour.



Eccola qui la “Grande Bellezza” che nessuno ha il coraggio – o, molto più semplicemente, la voglia – di raccontare e, di sicuro, non abita in Via del Corso. La si trova piuttosto in periferia, se non addirittura al di fuori del raccordo anulare, ed è tutta sui volti e tra le rughe degli ultimi superstiti di  quel folle calderone che fu il circuito delle TV locali tra gli anni Ottanta e i Novanta.
Luca Ferrari – già autore, nel 2012, di un documentario su una bisca del Laurentino 38 intitolato Pezzi – ha la felice intuizione di non interrogare mai i suoi quattro protagonisti in maniera diretta, tenendosi sempre a distanza e limitandosi a seguirli silenziosamente nel loro quotidiano. Il quadro che ne viene fuori è di una desolazione devastante.
I personaggi descritti infatti non sono propriamente persone, quanto più simulacri di un’età dell’oro che rivive nei VHS di TV locali che Riccardo Modesti guarda di continuo o nelle foto di Stefano Natale, tutte inevitabilmente segnate dalla presenza di Carlo Verdone.
Non sono persone perché incastrate in un passato che continua a vivere nelle sfilate di intimo di ragazze coatte e, in alcuni casi, sciancate o nei caffè offerti al bar perché “ma tu non sei quello che lavorava al Costanzosciò?”.

Il racconto di questi quattro piccoli Jep Gambardella non è però il fine, ma solo un mezzo per una riflessione lucidissima sul corpo e sul rifiuto di accettarne l’obsolescenza. In quest’ottica la macchina da presa di Ferrari è impietosa e non fa sconti. C’è una scena, in particolare, in cui Modesti e Shultz (è interessante come i quattro, in più di un’occasione, si trovino ad incrociarsi nel corso delle loro tristi scorribande) sono in un club, attorniati da donne assai più giovani di loro e, insieme a queste, ballano goffi su ritmiche techno. L’inquadratura indugia per alcuni minuti sui loro volti stanchi e sudati e lo spettatore è assalito all’istante da tutta la solitudine del mondo. Tra le pieghe di questo documentario c’è infatti un tale senso di profonda inadeguatezza rispetto a qualsiasi idea di modernità che non è ascrivibile solo all’essere schiavi del passato. I protagonisti di Showbiz infatti famosi non lo sono mai stai. Al massimo, come nel caso di Massimo Marino, possono essere diventati piccoli eroi trash quasi loro malgrado, ma quello che sembra accomunarli paradossalmente è la paura di non essere (più) riconosciuti. Forse anche più della paura di morire. Perché alla fine Showbiz, rovistando tra gli avanzi di una festa che molti non sanno nemmeno ci sia mai stata, finisce per parlare proprio di questo.

Voto 7

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Fabio Giusti

Da sempre convinto che, durante la proiezione di un film, nulla di brutto possa accadere, ha un passato da sceneggiatore, copywriter e altre prescindibili attività. A parte vedere film fa ben poco.

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