Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Non è la prima volta che le gesta dei gemelli Kray vengono raccontate sul grande schermo. Ci aveva già provato nel 1990 Peter Medak, che in The Krays – I corvi, aveva fatto vestire i panni dei due gangster londinesi a Gary e Martin Kemp degli Spandau Ballett in un film che era un tripudio di soluzioni oniriche e allucinate. A venticinque anni, i due temibili gangster inglesi tornano sulla scena grazie a Brian Helgeland (premiato con l’Oscar per la sceneggiatura di L.A. Confidential e nominato per quella di Mystic River). Adattamento cinematografico del libro The Profession of Violence: The Rise and Fall of the Kray Twins scritto nel 1972 da John Pearson, Legend racconta la storia dei gemelli Reggie e Ronnie Kray, due dei gangster più pericolosi e popolari del dopoguerra inglese. Di umili origini, arrivarono a controllare molti nightclub di Londra per buona parte degli anni Sessanta. Ronnie (Tom Hardy) è quello spietato e fuori di testa mentre Reggie (sempre Tom Hardy) il più bello e razionale dei due che si innamora perdutamente di Frances (Emily Browning), una ragazza di estrazione modesta che cercherà di tenerlo in ogni modo lontano dai guai.
Evidentemente Brian Helgeland appartiene a quella schiera di autori convinti che il modo migliore per mantenere il controllo creativo su una pellicola, soprattutto in un sistema in cui non sempre l’integrità dell’opera viene favorita, sia quello di occuparsi in prima persona del maggior numero possibile di aspetti del processo produttivo, regia e sceneggiatura in primis (lo ha fatto con tutti e quattro i film che ha diretto prima di questo). Una soluzione che se da un lato limita i compromessi, immancabili, tra chi scrive e chi dirige, dall’altro rischia di impasticciare la situazione soprattutto nei casi in cui la concezione visiva non aderisce perfettamente alla componente verbale. Non essendo Quentin Tarantino, Helgeland incappa dritto nel problema e per 131 minuti va alla ricerca di non si sa bene cosa.
Che cosa vuole raccontare? La storia dei gemelli? Quella di Reggie e Frances? Entrambe? E’ proprio questa indecisione che fa perdere mordente a una pellicola che incede con non pochi tentennamenti seguendo un po’ lo stile di un Guy Ritchie prima maniera, con risse tra malavitosi inframezzate da battute pungenti. Ad una prima parte che scorre in modo piacevole, ne segue un’altra che tradisce le buone premesse, dilungandosi eccessivamente in scene del tutto superflue che nulla aggiungono alla vicenda principale. L’unico aspetto di Legend a sorprendere davvero, e in positivo, è la doppia performance di Tom Hardy nei panni dei Kray: una, anzi due prove d’attore che tolgono il fiato e che confermano ancora una volta (ma dopo averlo visto in Locke, di cosa ci stupiamo ancora?) l’eccezionale talento di Mr. Hardy, vero motore di una pellicola senza infamia e senza lode.
Voto 6
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