Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Sam Cooper (John Goodman) e sua moglie Charlotte (Diane Keaton) stanno per separarsi, ma hanno deciso di dirlo al resto della famiglia solo dopo Natale, per trascorrere felicemente tutti insieme almeno un ultimo cenone. Non è che però il resto dei Cooper se la passi molto meglio. A partire da Emma (Marisa Tomei), sorella di Charlotte da sempre vittima di un infondato complesso di inferiorità nei suoi confronti, fino ad arrivare al padre Bucky (Alan Arkin) che, inaspettatamente, sente un legame più forte con la cameriera della tavola calda di cui è cliente fisso che non per le sue stesse figlie.
Senza contare i due figli di Sam e Charlotte, Eleonor (Olivia Wilde) che, tradita anche dall’ultimo fidanzato e ormai del tutto disillusa sull’amore, ciondola in aeroporto cercando di rimandare l’inevitabile delusione che avranno i suoi nello scoprire che è di nuovo single e Hank (Ed Helms), padre separato che ha appena perso il lavoro ma non trova il coraggio di ammetterlo all’ex moglie né e ai suoi figli.
Natale all’improvviso ha un cast talmente stellare che, almeno sulla carta, viene quasi da pensare che Hollywood possa darci lezioni anche in materia di cinepanettoni. Perché alla fine di questo si tratta, di una semplice cornice narrativa all’interno della quale stipare a forza troppo di tutto.
Il Natale del resto, si sa, è da sempre sinonimo di abbondanza e allora tanto vale esagerare anche nei film.
Solo che, qui da noi, tale esagerazione si manifesta attraverso un’overdose di comicità crassa e product placement selvaggio mentre gli americani preferiscono puntare sulla melassa e sui buoni sentimenti a pioggia.
Tutto il film trasuda infatti quantità di dolcezza oltre il livello di guardia dello stucchevole, mentre descrive un mondo irreale in cui Olivia Wilde può davvero essere single perché sfortunata in amore e Amanda Seyfried fare, anche solo per una frazione di secondo, gli occhi dolci a Ed Helms.
Storie talmente distanti da qualsiasi forma di realtà, seppure cinematografica, che il fatto che l’intera pellicola sia raccontata dalla voice-over del cane di Sam e Charlotte (in originale doppiato da Steve Martin) non solo passa in secondo piano, ma acquista addirittura un senso.
Se da un lato dunque lo spettatore italiano può finalmente gioire nel verificare come, durante le festività natalizie, il concetto di qualità assuma una valenza relativa anche oltreoceano, c’è però da rilevare come Natale all’improvviso commetta un peccato ancor più grave e per lo più sconosciuto agli “autori”dei cinepanettoni italiani e cioè proprio quello di coinvolgere i mostri sacri a cui si accennava a inizio recensione. La maggior parte degli interpreti di questa esile storiella sono infatti attori di rango assoluto che mai ci aspetteremmo di veder recitare in una cosina del genere. Paradossalmente se, nel ruolo del capofamiglia, al posto di John Goodman ci fosse stato Robert De Niro (oramai avvezzo a questo tipo di commedie per famiglie) l’effetto sarebbe stato meno triste e straniante.
Per non parlare di un’icona assoluta di stile e ironia come Diane Keaton, qui costretta nel ruolo stereotipo di moglie insoddisfatta e madre petulante. Alan Arkin invece facciamo proprio finta di non averlo visto.
E pensare che, ai tempi di Mi chiamo Sam, la regista Jessie Nelson ebbe anche il suo quarto d’ora di celebrità, prima di sprofondare in un anonimato da cui sembra fuoriuscire solo ora con questo film. Film che – è importante essere chiari al riguardo – non è nemmeno brutto, una volta fatta la tara dell’eccesso di zuccheri.
Semplicemente è inutile, che forse è anche peggio.
Voto 4
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