Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
FABIO GIUSTI
Ecco un film difficile da recensire.
Sono infatti tali e tanti i rischi di svelare involontariamente anche solo un dettaglio infinitesimale che possa, in qualche modo, guastare la festa ai fan della saga iniziata da George Lucas nel 1977, che sarà il caso di andarci davvero coi piedi di piombo. Diamo per scontato che chiunque stia per approcciarsi alla visione del settimo capitolo di Star Wars sappia già che, in termini cronologici, questo precede la seconda (e, per chi scrive, più che deludente) trilogia diretta dallo stesso Lucas tra il ’99 e il 2005.
Ambientato oltre trent’anni dopo Il ritorno dello Jedi, Il risveglio della forza ritrova il cast originale (questo lo posso scrivere perché già ampiamente anticipato nei molti trailer in circolazione da mesi) e, accanto a questi, presenta altri personaggi inediti in una sorta di ideale passaggio di consegne generazionale. E poi stop, in termini di pura sinossi direi che siamo a posto.
E’ a questo punto che il discorso però si fa più complesso. Se infatti la notizia dell’abbandono del demiurgo Lucas aveva, in un primo momento, gettato scompiglio tra le legioni dei fedelissimi, l’arrivo di J.J. Abrams in cabina di comando aveva contribuito ad alimentare le speranze che questo nuovo trittico potesse infondere nuova linfa a un immaginario che rischiava di diventare materiale per nostalgici.
Tali speranze erano senz’altro corroborate dall’ottimo lavoro fatto dal creatore di Lost su un franchising ormai ampiamente bollito come Star Trek, ma, in realtà, è ad un altro film di Abrams che bisogna risalire per comprendere appieno il lavoro fatto su Star Wars e cioè al bellissimo e sottovalutato Super 8. Cos’era infatti quel film se non il tentativo dichiarato di un fan di Spielberg di girare un film più spielbergiano di quanto lo stesso Spielberg avrebbe potuto fare? Con un processo simile, ma assai più rischioso, Abrams approccia la saga di Luke e Han Solo proprio come un fan che ha la possibilità, in virtù del suo enorme talento, di regalare a milioni di fan il film che questi sognavano da anni.
Ora, detto così magari sembra facile, ma in concreto cosa fare? La prima decisione importante presa in sede di sceneggiatura è senz’altro quella di asciugare il racconto da qualsiasi ridondanza (in pratica l’80% della seconda trilogia) e rendere questo nuovo inizio qualcosa di appetibile anche per chi non sia cresciuto a pane e Star Wars. Via quindi tutti gli interminabili spiegoni e largo allo spettacolo più puro, vera specialità di J.J. Abrams.
Ecco allora che il film scorre via liscio e senza alcun intoppo, impreziosito da una serie di continui e inevitabili rimandi ai vecchi film, fatti però nella maniera meno nostalgica possibile.
Per dire che rivedere Harrison Ford che, nei panni di Han Solo, interagisce amabilmente con Chewbecca fa indubbiamente un grande effetto, ma il tutto avviene in modo fluido, quasi come se questi trent’anni fossero passati in un lampo.
CAROLINA TOCCI
J.J. Abrams ce l’ha fatta. Proprio lui, fan dichiarato di Star Wars, discepolo della sci-fi post moderna di George Lucas, Steven Spielberg e Robert Zemeckis, è riuscito nell’impresa di far cadere nel dimenticatoio i tre episodi della trilogia prequel (1999 – 2005) e di regalare a fan e nuove reclute un inizio di trilogia che, almeno nel suo incipit, sembra avere più cuore che interessi commerciali. E questo è già molto. Ma il merito Abrams lo deve dividere con i suoi sceneggiatori, il Premio Oscar Michael Arndt, giovane talento di Hollywood che ha al suo attivo gli script di Little Miss Sunshine, Toy Story 3, Oblivion e a Lawrence Kasdan, appartenente alla vecchia scuola e già autore de L’impero colpisce ancora e de Il ritorno dello Jedi. E’ grazie a loro se Star Wars: Il risveglio della Forza si bilancia perfettamente tra passato e futuro, rendendo omaggio al “vecchio” ricontestualizzando alcuni personaggi e facendo sì che interagiscano con le nuove leve (John Boyega e Daisy Ridley in primis) con naturalezza e senza forzature.
E’ vero che George Lucas è stato capace di creare un mondo dal nulla, e che la sua è stata una sfida colossale, come tutte quelle che non hanno un passato su cui appoggiarsi, ma quella che ha dovuto affrontare Abrams non è stata certo da meno: ereditare il franchise dei franchise, la storia che più di ogni altra ha influenzato la cultura occidentale negli ultimi decenni e che ha fatto da spartiacque, decretando un prima e un dopo Star Wars e, soprattutto, la volontà di accontentare tutti, non erano roba da poco. Ma a conti fatti possiamo dire che era davvero difficile fare di meglio. Ritmo serrato, azione, divertimento, effetti speciali stratosferici, una regia di ampio respiro e una vicenda fondata sui legami di sangue, proprio come nella trilogia originale, oltre alla straordinaria colonna sonora sinfonica di John Williams: tutti ingredienti che fanno di questo settimo capitolo di Star Wars un potenziale successo sia per i neofiti che per i fan della saga, e che sicuramente recluterà nuovi appassionati tra i giovanissimi.
Voto 7
J.J. Abrams mescola perfettamente passato e presente e pone solidissime basi per il rilancio del franchise.
Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
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