Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Se c’è un merito che va riconosciuto al Carlo Verdone più maturo, è sicuramente quello di sapersi mettere da parte, come attore, per lasciare spazio ai suoi co-protagonisti. Così è stato con Sotto una buona stella, in cui il comico romano spartiva la ribalta con una strepitosa Paola Cortellesi e così accade anche in L’abbiamo fatta grossa, commedia degli equivoci in cui i limiti di uno script che si dilunga troppo nella seconda parte per approdare a un finale che vorrebbe sovvertire ma che in realtà ha ben poco di destabilizzante, vengono compensati dalla bravura di Antonio Albanese.
La storia è quella di Yuri Pelagatti (Antonio Albanese), un attore di teatro che, traumatizzato dalla separazione dalla moglie, non è più in grado di ricordare le battute mentre è in scena. Per risolvere l’increscioso problema si rivolge a Arturo Merlino (Carlo Verdone), investigatore privato squattrinato che per tirare avanti si dedica al ritrovamento di cani e gatti del vicinato. Yuri chiede ad Arturo di pedinare la moglie che, nel frattempo, si è rifatta una vita con un altro uomo. Arturo, però, sbaglia obiettivo dei suoi pedinamenti e si ritrova invischiato in un affare losco e pericoloso, nel quale verrà inevitabilmente coinvolto insieme al suo cliente Pelagatti.
Alla sua venticinquesima regia, Carlo Verdone sembra non poter fare a meno di citarsi addosso, continuando a inserire nei personaggi che interpreta un rimando o un accenno a quelli del passato, ben più gloriosi (in un paio di momenti qui rifà, un po’ forzatamente, il finto Manuel Fantoni di Borotalco). Ma ci sono anche delle novità: il suo Arturo Merlino sembra essere incredibilmente privo di quelle nevrosi e farmacodipendenze che rappresentavano ormai un tratto distintivo di tutti i personaggi del Verdone attore, così come sembra farsi decisamente meno ingombrante l’asfissiante presenza della famiglia (uno dei fulcri attorno al quale hanno spesso girato le sue sceneggiature, sin dai tempi di Al lupo al lupo, fino al più recente Io, loro e Lara e al già citato Sotto una buona stella). E poi c’è la presenza di un comico dalla fisicità e dalla presenza scenica non comuni, Antonio Albanese. Con la sua perfetta conoscenza dei tempi, delle pause e dei meccanismi consolidati dalla migliore tradizione del teatro comico e del cinema, per cui ha cesellato anche ruoli drammatici e malinconici (sin dagli esordi con Soldini, Mazzacurati e i Taviani), oltre che comici (il politico calabrese senza scrupoli Cetto La Qualunque, in grado di riunire tutto il marcio che c’è in Italia in un solo personaggio), Albanese è uno degli attori più completi in circolazione e nel far confluire il suo mondo in quello di Verdone, il comico lombardo di fatto regala nuova linfa alla comicità del suo collega. Entrambi acuti osservatori della realtà e capaci di rappresentarla attraverso mille volti venati di nevrosi, solitudine, disagio sociale e alienazione, ora che si trovano a condividere la scena lo fanno in modo equilibrato e regalano al pubblico altri due anti-eroi a cui è difficile non affezionarsi. Sodalizio riuscito, dunque, peccato che L’abbiamo fatta grossa si perda in passaggi non necessari e qualche lungaggine di troppo; c’è anche un accenno di di critica sociale che però non ruggisce quanto dovrebbe.
Voto 6
Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.
Il sodalizio Verdone-Albanese regala piacevoli sorprese, peccato la storia si perda in più di un passaggio.
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