Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Londra, 1912.
Maud Watts (Carey Mulligan) ha 24 anni, un marito, un figlio e un lavoro nello stesso lavatoio in cui lavorava sua madre e, molto probabilmente, anche la madre di sua madre. Un giorno, durante una consegna di lavoro in centro, si ritrova suo malgrado coinvolta in una sommossa organizzata dal movimento delle suffragette per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema del diritto al voto femminile e, in mezzo alla folla, riconosce una sua collega, Violet Miller. Incoraggiata da quest’ultima, Maud decide di partecipare a una riunione del movimento.
Inizialmente riluttante verso i metodi tutt’altro che pacifici adottati dalle manifestanti per perseguire il loro scopo, in breve tempo la giovane donna si unisce al movimento, affascinata dalla figura carismatica della loro leader Emmeline Pankhurst (Meryl Streep).
Non si perde in troppe chiacchiere Abi Morgan – autrice, oltre che di questo Suffragette, anche degli script di The Iron Lady, Shame e della bellissima serie TV River – e punta dritta al sodo. Il film diretto da Sarah Gavron rientra infatti a pieno titolo nel novero di quelle opere dichiaratamente a tema che, pur di portare avanti la propria tesi, procedono spedite accettando anche il rischio di lasciare qualcosa per strada in termini di puro ritmo e respiro cinematografico. E’ un cinema tutto votato alla causa: sobrio, privo di retorica spicciola e di qualsivoglia ricerca del facile effetto.Ma, allo stesso tempo, anche didascalico e un po’ troppo meccanico in alcune delle sue soluzioni narrative. La mano di una sceneggiatrice attenta alle sfumature come la Morgan risulta però comunque utile ad aggirare le pastoie di una divisione eccessivamente manichea tra uomini e donne, tratteggiando figure il meno possibile stereotipate.
E’ il caso, ad esempio, dell’Ispettore di polizia interpretato da Brendan Gleeson, perfetto specchio di quei tempi e veicolo di un’umanità maschile nient’affatto scontata che se, da un lato, arrivava a comprendere la bontà delle istanze portate avanti dal movimento delle suffragette, dall’altro era costretto ad osteggiarle perché il suo lavoro semplicemente gli imponeva di farlo.
Ma, con la sola eccezione di una Meryl Streep /Emmeline Pankhurst, sullo schermo per una manciata scarsa di minuti ma ben presente in locandina come il più classico degli specchietti per le allodole, i personaggi sono tutti credibili e ben scritti, a cominciare dalla protagonista Maud, un mix di fragilità e ostinata dedizione incarnato in maniera straordinariamente matura da Carey Mulligan.
Suffragette è, in estrema sintesi, la quintessenza di quel cinema civile tipicamente inglese che non si preoccupa di risultare medio e che, senza troppe velleità artistiche, non ha altro scopo che rappresentare un periodo o anche solo una pagina di storia.
La regia elegante e mai invasiva di Sarah Gavron e le musiche dense di sottile lirismo di Alexandre Desplat incorniciano il tutto.
La speranza è che un film come questo possa non essere letto solo come un ricordo di tutte quelle donne che diedero (letteralmente) la vita pur di garantire il diritto al voto alle loro figlie e nipoti ma in un’accezione più metastorica, come omaggio a chiunque si batta per vedere riconosciuti i propri diritti civili. In quest’ottica, a dispetto di un risultato che indubbiamente convince pur senza entusiasmare, Suffragette è un’opera quanto mai attuale.
Voto 6
Da sempre convinto che, durante la proiezione di un film, nulla di brutto possa accadere, ha un passato da sceneggiatore, copywriter e altre prescindibili attività. A parte vedere film fa ben poco.
Carey Mulligan e Meryl Streep in lotta per i diritti delle donne nella pellicola diretta da Sarah Gavron.
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