MIA Market 2019: la quinta edizione sarà dal 16 al 20 ottobre
— 2 giugno 2019Torna l’appuntamento per i leader dell’industria audiovisiva.
Oggi, 8 marzo, si festeggia la Giornata internazionale della donna. Di tutte le donne. Anche di quelle signore terribili viste in tanti film che ci hanno fatto domandare più di una volta: “E questo sarebbe il gentil sesso?”. Sicuramente non meritano la mimosa, ma entrano di diritto nel nostro approfondimento. Ora rimane da capire quale di queste nove femmes terribles sia la peggiore. A voi il verdetto.
FABIO GIUSTI
Sole Finn (Zooey Deschanel), (500) giorni insieme di Mark Webb
C’è una Sole Finn nella vita di ogni uomo. Purtroppo.
La più pericolosa perché apparentemente innocua, bella di una bellezza che sopravvalutiamo, spesso obnubilati dal fatto che ascolti la nostra stessa musica o che ci piacciano gli stessi film.
Quella che sposeresti due minuti dopo averla conosciuta ma che ti blocca per anni nelle sabbie mobili del “per me sei solo un amico” (la temutissima friendzone) in cui tutti vengono relegati almeno una volta nella vita.
In genere è la stessa che sposa quello che arriva dopo di te esattamente due minuti dopo averlo conosciuto.
Annie Wilkes (Kathy Bates), Misery non deve morire di Rob Reiner
Idealtipo estremo di stalker quando questo termine non richiamava alla mente null’altro che un film di Tarkovskij, Annie Wilkes è una tipologia di donna fortunatamente poco facile da incontrare ma, se mai dovesse succedervi di essere vittime di un incidente d’auto e venire soccorsi da un donnone che afferma di essere la vostra più grande fan e che con lei siete al sicuro, potete già avere un’idea di cosa sta per succedervi.
Miss Ratched (Louise Fletcher), Qualcuno volò sul nido del cuculo di Milos Forman
L’austera infermiera del capolavoro di Forman è l’incarnazione cinematografica dell’ordine fine a se stesso che, dietro lo scudo “istituzionale” del proprio ruolo, nasconde in realtà la volontà di piegare i pazienti – considerati come esseri semplicemente inferiori – per un puro sfoggio di potere.
Qualcuno per caso ha detto “cielo, è mia moglie”?
ANDREA BOSCO
Violet Venable (Katharine Hepburn), Improvvisamente l’estate scorsa di Joseph L. Mankiewicz
Con la Violet Venable di Tennessee Williams, Mankiewicz ha finalmente l’occasione per elevare il suo cinema della crudeltà oltre i toni della commedia di costume (Lettera a tre mogli, Eva contro Eva) verso il piano nobile della tragedia, allontanandosi dall’ipocrisia delle buone maniere per buttarsi a capofitto nel vortice della psicosi e dell’alienazione.
Quella di Katharine Hepburn, mai così perfida, è una sfiorita matriarca confinata nell’Eden artificioso del proprio giardino primordiale, il relitto di una società disposta a tutto pur di mantenere l’apparenza e di fossilizzarsi in una menzogna di cui deve convincere soprattutto se stessa.
E fra pruriti incestuosi, manipolazioni psichiche, internamenti in manicomio e ricatti emotivi, esce l’immagine di una femminilità succube e disturbata, repressiva e cannibale, vittima irrecuperabile del proprio tormento.
Jane e Blanche Hudson (Bette Davis/Joan Crawford), Che fine ha fatto Baby Jane? di Robert Aldrich
Che fine ha fatto Baby Jane? è la galleria degli orrori dello show business, un incubo grandguignolesco e putrescente su ciò che resta di Hollywood e sulla fine della giovinezza che Aldrich spinge alle estreme conseguenze schierando l’una contro l’altra, per la prima e unica volta, le due rivali per eccellenza della Golden Age, coinvolte nel pieno del loro decadimento fisico in un gioco al massacro di insostenibile efferatezza e di grottesca esasperazione.
E andando anche oltre il chiaro sottotesto polemico e la velenosa riflessione sugli effetti del divismo, il film è anche un’angosciante, violentissima disamina della mostruosità femminile, della sua trasfigurazione caricaturale nella nemica di se stessa, di quella fragilità che diventa ferocia e di quell’ambizione che scade nella mania. Di certi aspetti dell’essere donna, insomma.
Ellen Berent Harland (Gene Tierney), Femmina folle di John M. Stahl
Il volto più originale dell’ossessione e il lato più oscuro dell’identità del gentil sesso non appartengono però ai volti avvizziti e incorniciati dal bianco e nero delle grandi star che furono, ma allo sfolgorante profilo in Technicolor della venticinquenne Gene Tierney, che invece ne Il cielo può attendere e in Vertigine era stata l’emblema dell’innocenza e della purezza.
A dispetto del titolo italiano, la protagonista del melodramma di John M. Stahl è una mente metodica al di là di qualsiasi patologia, pronta a ogni forma di sacrificio e di immolazione – compresa la propria – per conseguire la propria ossessione, una personalità lucida, fredda e irrefrenabile che rappresenta uno dei lati più autenticamente inquietanti e al tempo stesso disarmanti dell’eterno femminino, un dramma della gelosia capace di trascendere tanto l’amore, quanto la morte.
CAROLINA TOCCI
Joan Crawford (Faye Dunaway) Mammina Cara di Frank Perry
Un mostro di crudeltà e di sadismo. Così veniva ritratta l’attrice Joan Crawford dalla figlia adottiva Christine, autrice del libro da cui è tratto il film, che la dipinge in un modo talmente negativo da sfociare nel caricaturale in più di un’occasione. Che Christine abbia calcato un po’ troppo la mano dopo essere stata diseredata dalla sua madre adottiva o no, la Crawford nevrotica, paranoica e alcolizzata interpretata da una superba Faye Dunaway entra di diritto a far parte del club delle donne più terrificanti del cinema.
Amy (Rosamund Pike) L’amore bugiardo – Gone Girl di David Fincher
La parabola del deterioramento di un matrimonio raccontata da David Fincher passa attraverso l’analisi e la scomposizione di una delle femme fatale più inquietanti del cinema contemporaneo. L'”Amazing Amy” interpretata da Rosamund Pike è una spietata mantide, vittima e prigioniera dell’immagine falsa e mitica di sé, in un mondo in cui il consenso e l’approvazione contano più dei fatti.
Laura (Scarlett Johansson) Under the Skin di Jonathan Glazer
Il bizzarro, estremo e controverso film di Jonathan Glazer che scandaglia temi quali incontro e alterità ha il suo fil rouge nell’esperienza terrestre della bellissima aliena interpretata da Scarlett Johansson che adesca maschi umani per permettere alla propria specie di cibarsene. Laura in realtà non è una “cattiva” a tutti gli effetti, uccide per necessità e al contempo incarna l’emblema del cinismo alla base di molti rapporti umani. Morale: se vedete la Johansson a fare l’autostop sul ciglio di una strada, tirate via dritti e non vi fermate!
Torna l’appuntamento per i leader dell’industria audiovisiva.
L’attore protagonista dello spot che prende in giro i film sulla mafia italoamericana.
Il film di Woody Allen abbandonato da Amazon, arriverà in Italia in autunno distribuito dalla Lucky Red.
La storia di un’improbabile amicizia sullo sfondo dell’America razzista dei primi anni Sessanta diretta da Peter Farrelly è una splendida sorpresa.
David Gordon Green si riaggancia direttamente al cult di John Carpenter del 1978 e punta tutto su Jamie Lee Curtis.
Il regista autore di The Elephant Man, Mullholland Drive e Twin Peaks si racconta.
La storica rivalità tra i due tennisti, interpretati da Sverrin Gudnason e Shia LaBeouf, nella pellicola di Janus Metz Pedersen.
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Angelo (Il cielo sopra Berlino) e demone (Hitler ne La caduta). Ci lascia un attore immenso, versatile, sensibile.
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In gara per la Palma d’oro, tra gli altri, Terrence Malick, Pedro Almodóvar, i Dardenne, Marco Bellocchio e Xavier Dolan.
La rilettura del romanzo di Beppe Fenoglio ad opera dei fratelli Taviani, interpretata da Luca Marinelli sbarca alla Festa di Roma. La recensione.
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