Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Irlanda dei primi anni Cinquanta, Eilis Lacey (Saoirse Ronan) è una ragazza orfana di padre che vive in un paesino di quattro anime con la madre e la sorella Rose. Riesce, con l’aiuto della famiglia, ad acquistare un biglietto per l’America con la speranza di potersi garantire un futuro migliore. Arrivata a New York, i primi tempi vive con nostalgia la separazione da casa, ma quando il lavoro, le amicizie e l’amore iniziano a riempire le sue giornate, ecco che la vita la richiama nella natìa Irlanda. Sospesa tra due realtà e legata a nessuna in maniera compiuta, Eilis si troverà a dover scegliere ancora tra futuro e nostalgia.
Tratto dal romanzo dell’irlandese Colm Tóibín, adattato per lo schermo da Nick Hornby (An Education, Wild), Brooklyn è diretto da un altro irishman, John Crowley, regista che ha mosso i primi passi nel teatro, non disdegna la TV (ha diretto due puntate della seconda stagione di True Detective) e che con questo film sembra volersi lasciare definitivamente alle spalle il cinema indipendente (Intermission, Boy A) per gettarsi nel mainstream. Nelle sue mani, Brooklyn diventa il più classico dei racconti di formazione che sfocia nel melodramma e che sfrutta il tema dell’immigrazione solo per aggiungere uno strato emotivo ai tormentati sentimenti della protagonista.
Lontano dai volti emaciati che abitavano il piroscafo di Chaplin in The Immigrant, dalle occhiate di sfida lanciate da Raf Vallone in Uno sguardo dal ponte, dalle atmosfere intrise di simbolismo sfruttate da Emanuele Crialese in Nuovomondo e anche dal linguaggio realpoetico utilizzato da Gianfranco Rosi in Fuocoammare, Brooklyn racconta l’immigrazione con nostalgica intimità. Non c’è fatica, né una storia di difficile integrazione e i problemi di Eilis rimangono chiusi nella sfera familiar-sentimentale. Il resto viene affrontato, dalla ragazza e dal racconto, con una palpabile leggerezza, una tenuità che passa per le impeccabili mise della giovane ormai americanizzatasi in tutto, quindi anche nel look, attraverso i cardigan pastello abbinati a gonne che fanno la ruota e agli occhiali da sole cat eye. Due mondi diversi, due amori e un conflitto emotivo basato sull’inconciliabilità tra il nuovo che avanza e il vecchio che ritorna. Perfetta Saoirse Ronan, giustamente candidata all’Oscar, che nei panni della mite e composta Eilis ci regala la sua interpretazione più matura; ottimi i comprimari Jim Broadbent e Domhnall Gleeson. Buona la forma. Sulla sostanza c’era da lavorare un po’ di più.
Voto 6,5
Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.
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