Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Gotham City contro Metropolis.
Batman V Superman.
L’umano contro l’alieno.
La realizzazione filmica del sogno proibito di ogni nerd che si rispetti è interamente costruita sulla dicotomia tra i due supereroi più iconici della storia – non solo della DC – per la prima volta insieme sullo schermo.
Laddove, in fase di preproduzione, le polemiche maggiori si erano concentrate sulla decisione di affidare a Ben Affleck il ruolo dell’uomo-pipistrello (roba che sembrava di essere tornati al putiferio scatenato dai fan ai tempi del Batman/Micheal Keaton di Tim Burton) va detto che tale scelta è una delle poche cose azzeccate del film di Snyder.
La fissità espressiva di un imbolsito Affleck rappresenta infatti la perfetta incarnazione di un immaginario che, alle cupe ambiguità morali del Cavaliere oscuro di Nolan, preferisce la monolitica certezza di un Batman più âgée, che si ritiene ormai depositario unico del bene dell’Umanità.
Senza contare che l’attore/regista non solo ha partecipato al peggior film mai prodotto su un supereroe (l’orrido Daredevil del 2003 a cui solo lo scorso anno la straordinaria serie Netflix è riuscita a mettere una pezza) ma è stato anche Superman, o almeno l’attore che per primo lo ha interpretato, nel metacinematografico Hollywoodland di Allen Coulter, quindi che ora interpreti Batman è un po’ una quadratura del cerchio.
Veniamo però all’attesissimo sequel de L’uomo d’acciaio che, qualora non si fosse già capito, delude su quasi tutti i fronti. Il primo e fondamentale problema è di scrittura e riguarda una sceneggiatura di oggettiva pochezza che procede confusa per le prime due ore affastellando flashback (quante altre volte dovremo vedere i genitori di Bruce Wayne morire sempre nello stesso identico modo?), scene oniriche e buchi narrativi di varia natura, senza spiegare mai veramente – e questo è il suo peccato più grave – da cosa nasca l’odio così profondo tra i due supereroi protagonisti.
La sola paura che l’enorme potere del kryptoniano possa, se gestito male, assoggettare l’intera razza umana non può infatti giustificare una tale acredine.
E anche quando lo spettatore dovesse essersi definitivamente convinto che i due in effetti si odino, un frettoloso (e telefonatissimo) switch finale provvede a ribaltare il tutto a solo pochi minuti dai titoli di coda.
In generale si riscontra una troppo insistita bidimensionalità che, sebbene narrativamente rispettosa delle vicende mutuate dagli albi a fumetti, tende però a impoverirne i contenuti, spogliandoli di qualsiasi forma residua di dubbio morale, ironia o anche solo di qualche timido rimando citazionistico e che mostra letteralmente la corda nella macchietta psicotica di un villain che, più che Lex Luthor, ricorda una versione struccata di Joker.
Zack Snyder di suo ci mette testosterone come se non ci fosse un domani e l’armamentario di soluzioni visive più caciarone che si possano immaginare in un film del genere, esplosioni randomiche da “abbiamo 250 milioni di dollari di budget e dobbiamo farli vedere” comprese.
Del resto che il regista di 300 non fosse un campioncino di sfumature e raffinatezza estetica era cosa già nota, ma ci si chiede se questo Zack Snyder sia lo stesso che solo pochi anni fa firmò quel capolavoro di (scorrettissima) riscrittura del genere supereroistico che era Watchmen.
In attesa di sciogliere il dubbio però, “questo” Snyder, indeciso se perseguire la strada dell’autorialità forte già battuta da Nolan (colpevole comunque di avere, in parte, prodotto il film) o giocare la carta del puro blockbuster, sembra propendere maggiormente per quest’ultima soluzione, purtroppo senza mostrarsi in grado di lambire il confine tra serio e faceto con la stessa chirurgica precisione della quasi totalità dei prodotti Marvel di ultima generazione.
Il risultato è quindi un film che alla seriosità degli intenti giustappone un’estetica tamarra che, al confronto, Paul Verhoeven sembra Fellini e che, soprattutto, lavora male sia sul versante Gotham, impoverendo Batman dello spessore costruito negli ultimi dieci anni dai tre Dark Knight, che su quello Metropolis, riuscendo a fare anche peggio del già a suo tempo criticatissimo Man of Steel.
In definitiva l’impressione è che questo Dawn of Justice sia un mero strumento introduttivo per altri film che verranno, a partire da Wonder Woman (qui utilizzata in modo poco più che ornamentale) fino al collettivo Justice League (la tanto strombazzata presenza di altri supereroi come Aquaman o Flash viene risolta, di fatto, in un’unica scena) ma, nel frattempo, ciò che rimane è un film profondamente irrisolto e, a tratti, anche abbastanza noioso.
Peccato.
Voto 4,5
Da sempre convinto che, durante la proiezione di un film, nulla di brutto possa accadere, ha un passato da sceneggiatore, copywriter e altre prescindibili attività. A parte vedere film fa ben poco.
I due supereroi convivono nel cinecomic di Zack Snyder. La nostra recensione.
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