Cattivi vicini 2

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In fondo la formula alla base di Cattivi vicini è piuttosto semplice. Prendere la tipica commedia sui trentenni e le loro difficoltà a entrare nell’età adulta – sintetizzata in maniera perfetta da Judd Apatow in film come Molto incinta e Un disastro di ragazza – e, una volta epurata dei suoi sottotesti più amari e autoriali, ibridarla con il college movie anni 80 à la Porkys.
E, in tal senso, il film del 2014 il suo lavoro lo faceva, posizionandosi a metà strada tra la scorrettezza politica di certe gag fisiche ai limiti del buon gusto (detto nella migliore accezione possibile) e la morale un consolatoria che vuole che qualsiasi conflitto presente sullo schermo vada comunque risolto prima dei titoli di coda.
E allora riecco gli sposini Mac (Seth Rogen) e Kelly (Rose Byrne) in attesa dell’arrivo di un secondo figlio e in procinto di vendere casa.
La casa accanto non è più occupata da una confraternita, bensì dalla sua scatenata declinazione femminile: un trio di matricole guidate da Shelby (Chloe Grace Moretz), irrefrenabile leader intenzionata a ribaltare gli stereotipi sessisti alla base di molte delle regole delle associazioni studentesche.
Tutto ciò con il serio rischio di far saltare la vendita.



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Il concetto è più o meno lo stesso alla base dei due sequel di Una notte da leoni, ossia costruire una dinamica in tutto e per tutto simile a quella del primo film cambiando solo di poco (in realtà quasi per nulla) gli elementi in campo.
Laddove però anche Todd Phillips se la cavava per il rotto della cuffia, spostando solo la location e lasciando i tre protagonisti liberi di far danni e poi perdere la memoria, in una coazione a ripetere fortemente debitrice di certi pattern televisivi, qui il giochino riesce meno.
Non che non ci si diverta, anzi, Cattivi vicini 2 si apre con una delle scene di sesso coniugale più disgustose (detto sempre in senso buono) che si siano mai viste al cinema.
Semplicemente l’introduzione di nuovi personaggi (principalmente Chloe Grace Moretz) splitta in due tutta la prima parte del film, col risultato di renderla meno fluida e, soprattutto, di ridurre di molto lo spazio d’azione di un animale comico come Seth Rogen, indiscusso deus ex machina del progetto.
Se infatti, da un lato, questa scelta segue un preciso processo di “femminilizzazione” della commedia americana ( basti pensare all’intera filmografia di Paul Feig) che vede la donna sempre meno soggetta alla subalternità dei ruoli e sempre più elemento comico indipendente dalla sua controparte maschile, c’è da dire che i momenti più divertenti del film restano quelli legati allo scontro, non privo di una velata accezione omoerotica, tra i due antitetici tipi di virilità veicolati da Rogen e Zac Efron.

Quest’ultimo, in particolare e a dispetto delle sue limitatissime capacità attoriali, cresce inaspettatamente di spessore rispetto al primo Cattivi vicini.
Anzi, è proprio la sua totale fissità espressiva ad amplificare la sensazione di spaesamento tipica di chi, di fronte a un futuro per il quale non è in alcun modo preparato, decide di restare ancorato in maniera un po’ goffa ai giorni di gloria del college.
Come dicevamo all’inizio, poi, resta il gusto per certa comicità amabilmente fisica (che immaginiamo per lo più frutto della penna di Seth Rogen, sempre di più autore che semplice interprete) e la freschezza anarchica di un linguaggio che tenta in ogni modo di opporsi al buonismo ormai imperante nella cultura di massa d’oltreoceano.
Questo per dire di come sia confortante vedere un film che ritrae un gruppo di ragazzi che fumano tranquillamente marijuana senza che questo li connoti per forza come devianti.
O una bambina di cinque anni giocare con un dildo lasciato inavvertitamente in giro da una madre distratta.
Le singole situazioni quindi sono anche indovinate.
Ciò che invece mostra un po’ più la corda è proprio la struttura generale che, se logora già al secondo tentativo, evidentemente andrebbe cambiata.

Voto 6

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Fabio Giusti

Da sempre convinto che, durante la proiezione di un film, nulla di brutto possa accadere, ha un passato da sceneggiatore, copywriter e altre prescindibili attività. A parte vedere film fa ben poco.

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