Doctor Strange

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Un elemento utile a entrare nel caleidoscopico mondo del Doctor Strange potrebbe essere proprio l’immancabile cameo del deus ex machina marvelliano Stan Lee. Lo incrociamo infatti nel bel mezzo di uno scontro tra il protagonista (Benedict Cumberbatch) e il villain di turno, mentre sfoglia divertito una copia de Le porte della percezione di Aldous Huxley.
Il testo sacro della controcultura psichedelica detta infatti le coordinate di uno spostamento della Marvel dal suo principale universo di riferimento – che, per intenderci resta quello degli Avengers – al multiverso di un personaggio a torto considerato minore e che invece è fondamentale nel precipitare l’estetica dei cinecomic dal materico, sebbene occasionalmente bazzicato anche da Dei pagani, al concettuale. Nasce da qui il film visivamente più sbalorditivo realizzato finora dalla casa madre.
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La storia è quella dell’arrogante quanto geniale neurochirurgo Dottor Stephen Strange (una sorta di Tony Stark della medicina) la cui carriera viene irreparabilmente distrutta quando un incidente d’auto gli danneggia i nervi di entrambe le mani.
Dopo aver tentato invano ogni possibile tipo di intervento medico, l’uomo spende i suoi ultimi risparmi per raggiungere il Nepal, dove risiede l’Antico (Tilda Swinton), un santone capace di guarire le ferite del corpo ampliando i confini della mente.
Qui Stephen inizia a studiare le arti mistiche e, aiutato dai maestri Mordo (Chiwetel Ejiofor) e Wong, impara a padroneggiare i poteri che queste gli conferiscono giusto in tempo per fronteggiare una pericolosa minaccia. Kaecilius (Mads Mikkelsen), un allievo dell’Antico passato al lato oscuro, sta infatti per sferrare un attacco alla Terra che rischia di confondere per sempre i diversi piani della realtà condannando l’umanità al caos.

Se, come si evince dalla sinossi, il plot rientra nei canoni della più classica genesi supereroistica, l’impianto estetico invece muta radicalmente. Scott Derrickson sfrutta al meglio le possibilità di un 3D per una volta realmente funzionale allo scopo e piega i concetti di spazio e tempo fino a comporre un affresco lisergico, costruito come un gioco di scatole cinesi come non lo si vedeva dai tempi di Inception. Immaginate quindi un cinecomic calato in un incubo di Escher, una bizzarra esplosione di dimensioni parallele (e anche vagamente new age) piena di portali che collegano l’Everest alle distese desertiche e di grattacieli che si aprono in due e diventano scale da salire.
Blockbuster sbalorditivo da un punto di vista stilistico, Doctor Strange spinge la ricerca estetica della Marvel in direzioni che non si pensavano neanche possibili, pur senza mai perdere nessuna delle sue cifre distintive, compreso il costante ricorso ad uno humour utile a smorzare le pieghe più cervellotiche del racconto.
La dimostrazione che l’originalità non è per forza condannata a soccombere sotto i colpi dei visual effects e, insieme ai Guardiani della Galassia, uno dei migliori film Marvel di sempre.

Voto 7,5

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Fabio Giusti

Da sempre convinto che, durante la proiezione di un film, nulla di brutto possa accadere, ha un passato da sceneggiatore, copywriter e altre prescindibili attività. A parte vedere film fa ben poco.

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