Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Il debutto alla regia di Michael Grandage (un nome di assoluto rilievo del teatro inglese, che ha diretto la Donmar Warehouse fino al 2012 ed è attivo con una sua compagnia) è un film che ce la mette tutta per staccarsi dal linguaggio teatro che il suo autore si porta inevitabilmente dietro, ma che non riesce a spiccare il volo e a farsi largo all’interno di un medium differente, che ha fatto della dinamicità la sua peculiarità più rappresentativa.
Basato sulla biografia Max Perkins: Editor of Genius di Scott Berg e adattato per lo schermo da John Logan (lo sceneggiatore di Skyfall), Genius si affida prevalentemente alle prove dei suoi protagonisti, con un Colin Firth (nei panni del celebre editor Max Perkins) che ne esce sicuramente meglio di un sovraeccitato Jude Law nei panni dello scrittore Thomas Wolfe.
Max Perkins ha curato per anni le edizioni di tutti i classici della letteratura americana degli anni Venti, da Francis SCott Fitzgerald a Ernest Hemingway, perfezionando e limando i loro romanzi affinché risultassero perfetti una volta sul mercato. Un giorno, inaspettatamente, si presenta alla sua porta uno scrittore dalla spiccata personalità, Thomas Wolfe, in possesso di un lunghissimo manoscritto intitolato Angelo, guarda al passato. Tra i due nascerà un rapporto di profonda amicizia, inizialmente incoraggiata e successivamente ostacolata dalle rispettive famiglie, che li accompagnerà per molti anni.
I personaggi di Grandage si muovono sullo sfondo di una New York dai toni seppia, su scenografie che sembrano quinte di un teatro, in un’opera che non fa mistero di voler puntare tutto sui suoi protagonisti. Ma se la pacatezza e il rigore formale di un Colin Firth che ha giustamente impostato il suo Max Perkins lavorando di sottrazione, rimangono una delle cose più riuscite di Genius (anche Nicole Kidman se la cava nei panni di Aline Bernstein, folle musa e amante di Wolfe), la straripante prova di Jude Law riesce a rovinare anche quelle poche scene che avrebbero potuto staccarsi dal rigido impianto per dare la possibilità alla storia di volare un po’.
Thomas Wolfe, con i suoi testi fiume e i romanzi dall’ambizione folle da autore eccessivo e indisciplinato, costantemente intrappolato in una gabbia di smania creativa, era indubbiamente un personaggio traboccante e completamente fuori dagli schemi, ma quel produttore torrenziale di pagine, romantico nel senso più stretto del termine, in Genius finisce quasi per diventare una macchietta.
Voto 5
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