Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
L’arte di arrangiarsi, ancora una volta. Quella dei Soliti ignoti di Monicelli o di Michele Abbagnano, l’invalido interpretato da Nino Manfredi in Café Express di Nanni Loy. Ora, però, è tutto diverso e quell’atteggiamento gradasso e un po’ fanfarone è stato rimpiazzato da cinismo e freddezza. Edoardo Leo, al suo quarto film da regista, confeziona una vicenda amara, che ci arriva attraverso il filtro della commedia, sulla storia di una coppia come tante, in un Paese che sembra essersi perso nel virtuale. La crisi economica, la ricerca di un riscatto e l’obiettivo puntato (come in Noi e la Giulia) su una generazione che non riesce a rendere concreti i propri sogni e che è costretta a reiventarsi di continuo.
Claudio (Edoardo Leo) e Anna (Anna Foglietta) continuano a rimandare l’idea di metter su famiglia nell’attesa che la loro situazione economica migliori. Dividono la casa con uno zio di lei (Rocco Papaleo), che li aiuta con l’affitto e le loro speranze sono riposte in una piattaforma web ideata da Claudio, ma il crowdfunding lanciato per svilupparla non dà i risultati sperati. Una sera, dopo una festa, complice qualche bicchiere di troppo e la delusione, Claudio registra un video che posta sui social per scherzo: datemi i soldi per sviluppare il mio progetto e noi, in cambio, giriamo un video hard e lo mettiamo in rete. La provocazione, però, viene presa sul serio e, mentre la loro celebrità aumenta, le donazioni continuano ad arrivare. E adesso, che si fa?
Scritto a otto mani da Leo, Alessandro Aronadio, Marco Bonini e Renato Sannio Che vuoi che sia affronta un tema apparentemente futile e ormai battuto come l’importanza che il web ha assunto ultimamente nelle nostre vite, dotandolo però di una profondità inconsueta. Già un paio di anni fa Jake Kasdan si era posto il problema del valore dell’intimità di una coppia con Sex Tape – Finiti in rete, ma con il film di Leo siamo ben oltre la commediola che affronta temi pruriginosetti sfruttando l’onda delle nuove tecnologie: siamo davanti a un nuovo inizio della Commedia all’italiana, che si rinnova nei contenuti e nei costumi, pur rimanendo profondamente radicata alla tradizione. I riferimenti più immediati sono al cinema di Alberto Lattuada, che più e prima di altri ha saputo portare sullo schermo quel certo voyeurismo audace in un’Italia ancora puritana e un po’ bigotta. Ma i tempi sono cambiati e Leo è molto abile nello sfruttare la nuova leva di mostri che la rete ha fatto crescere e proliferare, in grado di incidere sulla struttura, sulle tendenza, e sui vari aspetti della società di oggi, sapendo attribuire loro un significato sociale ben preciso all’interno della vicenda.
Ritmo e dialoghi non perdono un colpo, così come gli attori,perfetti: dallo stesso Leo ad Anna Foglietta, che incarna tutte le fragilità e le insicurezze di una giovane insegnante precaria, fino agli strepitosi comprimari Rocco Papaleo e Massimo Wertmüller nei rispettivi ruoli dello zio di Anna e del padre di Claudio.
Il tutto avviene sullo sfondo di una Milano che non è più da bere, città sadica e spietata che non fa sconti a nessuno e in cui c’è da rimboccarsi le maniche anche se, come nel caso di Claudio e Anna, spesso neanche basta. E allora, è davvero così sbagliato svendere la propria intimità per potersi finalmente permettere di realizzare i propri sogni?
Voto 7,5
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