Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Con un processo inverso a quello di A Single Man, in cui lasciava il dolore di un lutto libero di esplodere nel calore bianco del mélo, nel suo secondo film da regista, Animali notturni, Tom Ford affronta il rimpianto per una scelta sbagliata e lo cristallizza nella (magnifica) rigidità formale di Amy Adams e nelle opere d’arte alle quali il suo personaggio si aggrappa più per la loro valenza di blasoni di uno status sociale a cui è incapace di rinunciare che non per reale passione.
La mercante d’arte Susan Morrow (Amy Adams) conduce infatti una vita agiata ma per lo più vuota insieme a un marito che ormai a stento sembra accorgersi di lei. Durante un weekend in cui l’uomo è via per affari, Susan trova un pacco inaspettato nella cassetta delle lettere.
È un romanzo intitolato Nocturnal Animals scritto dal suo ex marito Edward Sheffield (Jake Gyllenhaal), con cui Susan non ha più contatti da vent’anni. Insieme al manoscritto c’è un biglietto con cui l’autore invita Susan a leggere il libro e a chiamarlo durante la sua visita in città. Così, di notte, sola nel suo letto, Susan si immerge nella lettura. Il romanzo è dedicato a lei ma il contenuto è violento e devastante. La donna è così colpita dalla scrittura di Edward che non può fare a meno di ricordare i momenti più intimi della loro storia d’amore e le ragioni che all’epoca la spinsero a porvi fine.
A ben pensarci il senso di Animali notturni è perfettamente sintetizzato nella lunga sequenza che ne accompagna i titoli di testa: una galleria di corpi flaccidi e nudi che disturba ed è, al contempo, fonte di enorme fascinazione estetica. In altre parole, una cosa brutta da cui è impossibile distogliere lo sguardo. Un’incapacità che poi è la stessa che ha la protagonista nello staccarsi da un manoscritto che, pur turbandola profondamente, le riaccende dentro una fiamma che credeva ormai spenta e che, di riflesso, lo stilista/regista trasferisce anche sullo spettatore, letteralmente ipnotizzato dalla violenza delle immagini.
È questo il manifesto programmatico di un’opera densissima che utilizza il linguaggio sporco del thriller convogliandolo però in una cornice di glaciale eleganza. Tratto dal noir di Austin Wright Tony e Susan, Animali notturni è un nero apologo morale strutturato su tre differenti linee narrative, due delle quali rappresentano il passato e il presente di Susan mentre una terza declina in immagini il crudo romanzo di Edward.
E non è affatto un caso che quest’ultima traccia prenda ben presto il sopravvento su una realtà che ci viene da subito descritta come grigia e vinta dalla routine (seppure di lusso) in un film che in fondo non fa altro che raccontare la rivalsa dell’atto artistico nei confronti di una vita che in passato ha condannato il suo autore, Edward, per la sua supposta mediocrità.
Contraddistinto da un accumulo parossistico di pathos che sembra non voler sfociare mai in un vero e proprio climax, Animali notturni è un film complesso e impeccabile, splendidamente montato – e non potrebbe essere altrimenti, visto il coinvolgimento di Joan Sabel, già responsabile del montaggio di Kill Bill – e interpretato da un quartetto di attori in stato di grazia.
La parte del leone la fa ovviamente Amy Adams, attrice straordinaria qui alle prese con questa “donna che visse due volte” (il riferimento a Hitchcock non sembri peregrino, basta notare l’uso che Ford fa della colonna sonora) che è un autentico capolavoro di sottrazione emotiva, anche se il vero centro nevralgico della storia è racchiuso in un altro personaggio, che solo a torto si potrebbe considerare secondario. Si tratta del ruvido sceriffo a cui presta il volto (e soprattutto la voce) Michael Shannon, prima pendolo morale e infine violenta scure della giustizia pronta ad abbattersi sui colpevoli di un crimine tanto cruento quanto privo di senso come quello descritto nel romanzo di Edward.
Alla fine del film – complice anche una sequenza finale di tensione emotiva tendente a infinito – si esce dalla sala con questa sensazione di sottile disagio.
E, considerati i sette anni che separano questo Animali notturni dal precedente A Single Man, anche un po’ di dispiacere per il fatto che Tom Ford non si dedichi a quello che potremmo definire come il suo secondo lavoro con maggiore assiduità.
Voto 8
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