Fuga da Reuma Park

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Fuga da Reuma Park. Foto ©Masiar Pasquali

In relazione a questo Fuga da Reuma Park credo che le cose possano essere andate più o meno così.
Festeggiando quest’anno i 25 anni di carriera, Aldo, Giovanni e Giacomo voglia di fare qualcosa per celebrare la ricorrenza.
Allo stesso tempo l’accordo con Medusa impone al trio di fare un film ogni due anni e tanto era passato dall’ultimo (e pessimo) Il ricco, il povero e il maggiordomo. Insomma, i presupposti per mettere su un nuovo film c’erano tutti. Solo mancava una sceneggiatura.
Certo, c’era sempre quell’abbozzo di soggetto in cui si riprendevano in mano i personaggi dei tre vecchietti, già protagonisti dei loro primi sketch a Su la testa. L’idea è semplice: i tre comici, oltremodo invecchiati, si ritrovano a passare il Natale in un grottesco luna park per anziani chiamato Reuma Park da cui progettano una rocambolesca fuga in barca alla volta di Rio De Janeiro.



Fuga da Reumapark

Sì, ok, può funzionare ma, anche volendo allungare il brodo, si arriva a stento a un’ora di durata.
Di lì a pensare di inserire nel film dei frammenti di spettacoli teatrali, così da amplificare l’accezione celebrativa del progetto il passo deve essere stato brevissimo. Ma l’agognato traguardo minimo dei 90 minuti ancora non era raggiunto, così avranno pensato “visto che ci troviamo, perché non infilarci dentro anche una bella carrellata di personaggi storici (si va dai tre sardi agli svizzeri passando per il mitico DJ balbuziente Johnny Glamour) a mo’ di cameo?”. Adesso sì che Aldo, Giovanni e Giacomo avevano materiale sufficiente per il loro nuovo film. Solo che non avevano considerato – o, peggio ancora, hanno deciso di ignorare bellamente – che, così facendo, rischiavano di realizzare un pastrocchio senza capo né coda.
Immaginate uno speciale televisivo antologico (anche nello stile visivo) con una storiella per nulla spassosa a fare da collante. Il problema principale è però che, piuttosto che celebrare i fasti di una carriera, Fuga da Reuma Park finisce con l’affossarla definitivamente, costringendo lo spettatore ad assistere anche ai vecchi sketch del trio, più che con divertita nostalgia, con un fondo di amaro rimpianto.

Perché, malgrado le aspettative verso il trio, negli anni, si siano andate via via affievolendo fino a raggiungere un livello solo di poco superiore a quello che si può nutrire verso un qualsiasi film con l’ultimo comico uscito da Zelig, mai ci saremmo aspettati di poter rivalutare a posteriori operine all’epoca considerate risibili come Ma tu la conosci Claudia? o La banda dei Babbi Natale.
E invece qui siamo proprio al capolinea. Quello che lo stesso trio definisce come il loro film più surreale non è altro che una vetrina impolverata di articoli di terza mano. L’inconsapevole canto del cigno di tre attori/autori che quel poco che avevano da dire l’hanno ormai già detto in tutte le salse. Il concetto è quello del Greatest Hits, raccolte di successi di cantanti ormai bolliti che, in occasione delle feste natalizie, cercano di battere cassa sull’onda dei ricordi. Il rispetto per il pubblico, inutile a dirsi, è prossimo allo zero.

Voto 2

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Fabio Giusti

Da sempre convinto che, durante la proiezione di un film, nulla di brutto possa accadere, ha un passato da sceneggiatore, copywriter e altre prescindibili attività. A parte vedere film fa ben poco.

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