The Founder

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Prima dei vari Steve Jobs, Larry Page e Mark Zuckerberg c’è stato un imprenditore che, a suo modo, ha rivoluzionato il mondo: il suo nome è Ray Kroc. Protagonista di una storia fatta di pochi scrupoli e tanta sfacciataggine, il cinico Kroc fu il rappresentante di elettrodomestici che, negli anni Cinquanta, entrò per caso nel piccolo ristorante dei fratelli McDonald, a San Bernardino, in California, e rimase folgorato dalle code fuori dal locale e dal ritmo indiavolato con cui i due fratelli sfornavano hamburger e patatine. Non gli fu difficile intuire il potenziale economico della piccola impresa familiare e, dopo qualche anno, nel 1961 riuscì a rilevarne il nome e a fondare la catena di fast-food più famosa e diffusa al mondo.



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C’è da dire che da quando Michael Keaton è tornato alla ribalta, non ne ha sbagliata una: prima con Birdman, poi con Il caso Spotlight e ora con The Founder, ha ampiamente dimostrato di non essere più solo “il vecchio Batman” ma un attore versatile e di talento in grado di mettere nei personaggi che interpreta spessore e profondità. Nei panni dell’imprenditore che, giocando sporco, ha costruito l’impero McDonald’s
convince e spiazza con i suoi ammiccamenti, le sue affabili moine da piazzista senza scrupoli e utilizza un linguaggio del corpo che segue in tutto e per tutto la viscidità di Kroc. L’aspetto più interessante di The Founder, che si poggia su una regia di stampo classico e su uno script piuttosto lineare, si focalizza allora non tanto sulla nascita della fast food culture, quanto su questo particolare aspetto del capitalismo che, nei Cinquanta, attecchì in un settore ancora “pulito” come quello del food and beverages e lo ha trasformato nel simbolo di un sistema economico d’assalto e in piena espansione.

Fa riflettere, poi, il fatto che The Founder arrivi nelle sale proprio a ridosso della data di insediamento del neopresidente USA Donald Trump, che a suon di strategie aggressive di brand management e comportamenti più o meno leciti ha tirato su il suo impero. La parabola di Ray Kroc ricorda in un certo senso quella di Trump non tanto nella genesi quanto nell’atteggiamento da tenere negli affari: con tenacia, perseveranza e una spiccata tendenza alla prevaricazione, si può costruire una carriera di successo, se non addirittura un impero.

Voto 6,5

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Carolina Tocci

Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.

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