Incarnate – Non potrai nasconderti

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Incarnate

Incarnate – Non potrai nasconderti, lo diciamo subito e senza giri di parole, rappresenta il peggior passo falso della Blumhouse ad oggi.
Perché, al netto di risultati non sempre esaltanti, una cosa va riconosciuta a tutte le produzioni di Jason Blum ed è il tentativo di trattare argomenti classici – per non dire abusati – del genere horror evitando di andare a parare nei suoi cliché più ritriti, a cominciare da quel filone esorcistico già coperto in opere piacevolmente perturbanti come Insidious e Sinister.
E dire che l’incipit non è neanche male, visto il tentativo di spogliare la possessione demoniaca della sua componente religiosa con un protagonista che non tenta di liberare le povere vittime dal Maligno armato di acqua santa, frasi in latino e un crocifisso (a dispetto della locandina), bensì attraverso un’intrusione nella loro sfera onirica a metà strada tra Inception e una versione in positivo di Nightmare.



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Il dottor Seth Ember (Aaron Eckart) ha infatti la capacità di entrare nella mente delle persone possedute per liberarle dall’interno dalle entità che le affliggono. Lungi dall’esercitare questa pratica per pura filantropia, l’uomo è alla continua e ossessiva ricerca di Maggie, il demone responsabile dell’incidente stradale che, oltre ad averlo condannato a vivere su una sedia a rotelle, gli ha portato via moglie e figlio.
Quando una delegata del Vaticano (Catalina Sandino Moreno) si presenta alla sua porta con una valigetta piena di banconote e la storia del piccolo Cameron, prima vittima di violenza domestica e ora posseduto da uno spirito che sembrerebbe proprio essere Maggie, Ember non può non accettare il caso. Anche a rischio della sua stessa vita.

L’elemento inedito si consuma tutto nella prima scena del film, quella in cui vediamo il protagonista, in piedi e libero di camminare, mentre opera per la prima volta nel subconscio di un posseduto, per poi ritrovarlo invalido una volta tornato sul piano della realtà.
Poi Brad Peyton – regista assai più a suo agio con la muscolarità action di un San Andreas che non con le atmosfere inquietanti qui inseguite per lo più invano – si adagia su una parte centrale interamente dedicata alle lungaggini preparatorie di uno scontro finale in cui rivela tutta la sua inconsistenza, sia narrativa che formale.
In altre parole Incarnate – Non potrai nasconderti andrebbe rubricato senza pensieri come uno dei tanti, troppi horror che abdicano alla loro funzione principale: fare paura.
Spiace se non altro per Aaron Eckart a cui la “cura Blum” non sembra essere riuscita come ai colleghi Ethan Hawke e Patrick Wilson prima di lui.
Sebbene lo iato di tre anni intercorso tra la fine delle riprese e l’uscita in sala fosse già un elemento utile a riflettere sulla bontà del risultato.

Voto 4,5

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Fabio Giusti

Da sempre convinto che, durante la proiezione di un film, nulla di brutto possa accadere, ha un passato da sceneggiatore, copywriter e altre prescindibili attività. A parte vedere film fa ben poco.

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