Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
“Non è giusto”.
È quello che ripete di continuo (per lo più a se stesso) Richard Loving (Joel Edgerton), incredulo di fronte ad una legge che gli nega il diritto di stare accanto a sua moglie Mildred (Ruth Negga), di dormirci assieme o anche solo di tenerla per mano mentre camminano per strada.
“Non è giusto”.
Lo dice a mezza bocca e con sguardo basso, ché Richard è uno abituato parlare poco e a farsi i fatti suoi, senza disturbare. Ma lui è bianco e Mildred no e in Virginia, nel 1959, le unioni miste sono punite con l’arresto immediato o, in alternativa, con l’esilio.
E Richard rimane in silenzio anche quando c’è da fare i bagagli, salutare tutti e andare via, verso la prima città (in questo caso Washington) dove lui e sua moglie possano vivere tranquilli.
Perché la sola cosa importante per Richard è stare insieme a Mildred. Poi gli anni passano e l’amore dei coniugi Loving cresce insieme ai figli arrivati nel frattempo. Ma la nostalgia dei grandi spazi aperti e di una casa che si è stati costretti ad abbandonare in piena notte rimane. Oltre alla consapevolezza che, legge o non legge, quella subita sia la peggiore delle ingiustizie.
Ora, si è detto e scritto molto di come Loving sia un film che si regge quasi interamente sulle interpretazioni dei suoi attori principali, e, in qualche modo, è anche vero.
Ruth Negga è, in una parola, straordinaria e agli antipodi rispetto alla femminilità aggressiva veicolata lo scorso anno nella serie Preacher – è cosa piuttosto recente ma ricordiamo che, per questo ruolo, ha avuto una nomination agli Oscar – ma Edgerton non è affatto da meno, in un miracolo di sottrazione e mezzi toni che rendono il suo Richard Loving il ruolo di una vita. L’attore non si limita infatti a vestire i panni di un umile bifolco della Virginia verso la fine degli anni ’50, bensì diventa quell’uomo. Il lavoro sulla postura e il modo in cui smozzica le sue poche battute vanno a comporre un personaggio d’altri tempi, qualcosa che sembra uscito da un quadro di Hopper.
Lo si vede nell’imbarazzo di fronte ai paroloni degli avvocati giovani e rampanti che gli parlano di diritti e Corte Suprema, mentre a lui, prima ancora che un riconoscimento giuridico, basterebbe giusto un po’ di tolleranza per l’amore immenso che prova verso Mildred.
Appurato ciò è però importante sottolineare come Loving non sia solo un film splendidamente recitato. Mentre infatti gli attori quasi lo illuminano di luce propria, il regista Jeff Nichols prende il cinema a tema ‘diritti civili’ e lo ribalta dall’interno, trasformando quello che in altre mani sarebbe stato il più classico degli apologhi contro il razzismo, in una sorta di mélo spogliato di tutto il suo calore primigenio.
Il discorso sul diverso colore della pelle per i Loving semplicemente non esiste, in quanto la coppia non ambisce ad essere un esempio o un precedente da citare in un’aula di tribunale. Per loro esiste solo il qui e ora. E un amore da vivere alla luce del sole, lontani da una città che, pur essendo grande, va loro incredibilmente più stretta della campagna da cui sono stati banditi.
Allo stesso modo in cui vengono bandite dal film le scene madri e i pianti a dirotto.
Nichols è talmente poco interessato al lato più tragico della questione che alla fine non ci dice neanche chi, tra i concittadini di Richard e Mildred, li abbia denunciati alle autorità.
Del resto non è importante, ché qui non siamo né dalle parti di Selma né, tanto meno, di quel Free State of Jones che, per dire più o meno le stesse cose, ci costruiva attorno un drammone storico di due ore e mezza.
Ed è per questo che l’autore di Take Shelter e Mud si rivela una scelta perfetta.
Perché Nichols porta la sua idea di intimismo lieve in una storia che, al contrario, ruggisce di orgoglio ferito e diritti calpestati e, piuttosto che contrapporre queste due istanze, le giustappone in un esercizio di garbato equilibrio e raggiunge perfettamente lo scopo senza fare mai ricorso alla retorica.
Lo spettatore, in altre parole, è invitato a riflettere su come le più importanti conquiste civili passino spesso attraverso storie piccole. Anche se, considerato l’amore di Richard e Mildred, la loro storia tanto piccola non è.
Voto 7
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