The Circle

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In un futuro non definito – ma verosimilmente neanche troppo lontano – Mae Holland (Emma Watson) trova il lavoro dei propri sogni all’interno della gigantesca internet company The Circle. L’ingresso nell’azienda comporta l’entrata a far parte di una comunità esclusiva e di un campus (modellato su quelli della Silicon Valley), dove gli aspetti che all’inizio sembrano brillanti e levigati diventano progressivamente sempre più sinistri e opprimenti.
Quello che viene richiesto a Mae è, in estrema sintesi, di rinunciare alla propria privacy per scegliere un regime di trasparenza assoluta, che consiste nel condividere su internet qualsiasi esperienza vissuta. Punto d’arrivo di questo processo è l’installazione di una telecamera da indossare giorno e notte, che trasmette direttamente in streaming la propria vita.
C’è un senso di adorabile continuità postmoderna nel passaggio di James Ponsoldt dalla cronistoria degli ultimi giorni di David Foster Wallace (The End of the Tour) a questa trasposizione filmica del Dave Eggers di The Circle.



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Allo stesso tempo quelle pagine ritenute spesso – e a torto – criptiche acquistano, grazie al cinema, una nuova, e considerevolmente più ampia, intelligibilità.
Soprattutto se, come nel caso del romanzo di Eggers, vi si scandagliano i lati più oscuri di un fenomeno di attualità sconcertante come i social network e, più in generale, il confluire di quasi tutti gli aspetti essenziali della nostra vita su un’unica piattaforma.
Come si evince dalla sinossi, l’approccio di The Circle al tema trattato tende abbastanza all’apocalittico, finendo con l’avvicinarsi molto, anche nello stile visivo, a una puntata lunga di Black Mirror o, se vogliamo, a un moderno Truman Show il cui sottotesto distopico è aggravato della piena consapevolezza con cui la protagonista si offre (metaforicamente) nuda al pubblico.
E se il film di Ponsoldt sembra non aggiungere nulla di nuovo alle tesi più allarmiste sull’invasività di certi media, trova però il suo valore aggiunto nella sobrietà di una messa in scena che procede con calma per accumulo di elementi progressivi e nella scelta dei due attori protagonisti.

Emma Watson cortocircuita la sua Hermione Granger, ormai adulta, in una Hogwarth cui l’insistito inclusivismo iniziale nasconde un prezzo troppo alto da pagare, mentre Tom Hanks, alle prese con un testo di Eggers per la seconda volta dopo l’inedito A Hologram for the King di Tom Tykwer, si ritaglia un ruolo all’apparenza secondario ma fondamentale nella connotazione morale della storia, proprio in virtù dei valori che in genere siamo soliti attribuirgli. Il James Stewart dei nostri tempi – o comunque il volto iconicamente più positivo del cinema a stelle e strisce –  interpreta infatti  una sorta di versione oscura di Steve Jobs (dolcevita nero incluso) che promulga un’idea di democrazia così totale da lambire i confini del totalitarismo più subdolo.
Malgrado un finale un po’ troppo consolatorio nel ribaltare i meccanismi di potere mandando tutti a casa sereni, The Circle alla fine è la dignitosissima quadratura di un cerchio in cui confluiscono suggestioni letterarie alte e più ordinarie inquietudini legate all’eccesso di controllo che forse avrebbe potuto osare di più, ma in ogni caso dimostra come la giustapposizione di singoli elementi già di per sé forti  – in questo caso un regista che non ha ancora sbagliato un film, uno dei migliori scrittori contemporanei e Tom Hanks – non possa produrre nulla che sia meno di buono.

Voto 7

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Fabio Giusti

Da sempre convinto che, durante la proiezione di un film, nulla di brutto possa accadere, ha un passato da sceneggiatore, copywriter e altre prescindibili attività. A parte vedere film fa ben poco.

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