King Arthur – Il potere della spada

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Avete presente l’Excalibur diretto nel 1981 da John Boorman (con una giovane Helen Mirren nei panni di Morgana)? Bene, Guy Ritchie ne è sempre stato un estimatore, tanto da avergli dato il la per affrontare il ciclo bretone con questo fracassonissimo King Arthur – Il potere della spada, primo di una serie di sei film dedicati a Re Artù e alle sue gesta. Nelle mani del regista inglese, il giovane re destinato alla corona d’Inghilterra è un ragazzaccio proveniente dai bassifondi, uno che è cresciuto in mezzo alle prostitute, spavaldo e sempre con la battuta pronta, un po’ come lo Sherlock Holmes interpretato da Robert Downey Jr. e, come lui, conosce le arti marziali e si ritrova ad essere protagonista di numerose gag sia fisiche che verbali.



La recensione di King Arthur – Il potere della spada

Siamo in un’epoca lontana e nel regno di Camelot si combatte una sanguinosa guerra. Quando il padre del piccolo Artù Uther Pendragon (Eric Bana) viene assassinato, suo zio Vortigern (Jude Law) si impadronisce del trono. Derubato dei diritti che gli spetterebbero per nascita e senza sapere chi è realmente, Artù (Charlie Hunnam) riesce a sopravvivere nei vicoli oscuri di Londinium e, solo quando estrae la mitica Excalibur dalla roccia, la sua vita cambia radicalmente ed è costretto ad accettare la sua vera eredità… Quella di futuro Re d’Inghilterra.

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Il confine tra cavalleria e illegalità si fa sempre più sottile in questo ambizioso fantasy costato più di cento milioni di dollari (si vedono tutti), mentre ritroviamo tutto quello che, dal punto di vista stilistico e formale, ha caratterizzato la saga di Holmes, e più in generale tutta la filmografia di Ritchie, sin dai tempi di Lock & Stock e The Snatch: un protagonista irriverente e sfrontato, un montaggio esasperato che enfatizza il processo di svecchiamento della vicenda raccontata, humor e azione a gogò.
Charlie Hunnam è un Artù un po’ troppo figo, col fisico scolpito e la gelatina nei capelli ed è richiesto un certo sforzo per accettare che a quell’epoca (che poi quale, non si sa bene, visto che parliamo di un periodo indefinito) potessero esistere certe armi, abiti, pettinature, figuriamoci i campioni di kung-fu. Mentre si nota l’assenza di personaggi chiave del ciclo bretone quali Merlino (spesso citato ma mai mostrato) o Lancillotto. Chissà, forse li vedremo nei prossimi film. Quello che salviamo, di questo King Arthur in versione coatta, rimane il villain, un perfetto Jude Law nei panni dello zio cattivo, perfetta e credibile controparte al legittimo possessore di Excalibur.

Voto 6

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Carolina Tocci

Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.

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