I figli della notte

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Punta decisamente in alto Andrea De Sica per il suo esordio al lungometraggio con I figli della notte, film in cui si percepisce piuttosto chiaramente il desiderio da parte del regista di distaccarsi il più possibile da quanto il cinema italiano mainstream stia continuando a proporre. 35 anni, una genealogia a dir poco ingombrante (è il figlio del compositore Manuel, scomparso nel 2014 e il nipote di Vittorio), ha scritto e diretto vari corti e documentari e, dopo un diploma in regia al Centro Sperimentale di Cinematografia, è stato assistente di Bertolucci, Ozpetek, Vicari e Marra. Che non siamo davanti al lavoro di un principiante si percepisce sin dalle prime scene, in grado di trasmettere una certa sicurezza del mezzo cinematografico con movimenti di macchina precisi e ben calibrati.



Ci troviamo in un esclusivo collegio per rampolli di buona famiglia, completamente isolato in mezzo alle montagne del nord Italia. Giulio (Vincenzo Crea), orfano di padre e con una madre troppo impegnata nel lavoro per prendersi cura di lui, è tra gli ultimi arrivati e viene a confrontarsi con un ambiente rigido e severo, regolato da una ferrea disciplina. Presto il ragazzo stringe amicizia con Edoardo (Ludovico Succio), mandato lì in seguito ad alcuni disturbi comportamentali. Insieme cercheranno di sopravvivere a alla rigidità che gli viene quotidianamente imposta, andando alla scoperta di luoghi bizzarri durante alcune fughe notturne e verranno a conoscenza di un misterioso segreto che ha coinvolto il collegio anni prima.

La recensione de I figli della notte di Andrea De Sica

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Dietro all’intonaco del racconto di formazione, I figli della notte mette insieme tanti altri generi – dal thriller al noir – che omaggia e fa propri, creando delle atmosfere visivamente seducenti e accattivanti. Il rigido sistema educativo applicato all’interno della struttura, che invita gli acerbi rappresentanti della classe dirigente del futuro alla spietatezza e all’inumanità, è funzionale alla costruzione di un clima di minaccia soffocata costante e pone l’accento sul difficile rapporto genitori-figli (che nelle classi sociali più alte, sembra suggerire il giovane De Sica, forse anche per esperienza diretta, è ancora più disperato e irrecuperabile), in un momento delicato come il passaggio all’età adulta.

Girato con occhio sicuro e con un’eleganza inconsueta (ci sono dei carrelli notevoli), I figli della notte attinge a piene mani da opere arcinote come Shining e L’attimo fuggente, passando per il Suspiria di Dario Argento – di cui sembra una versione al maschile – ma anche da pellicole meno conosciute (Hotel di Jessica Hausner), pur trovando il suo punto più debole in uno script troppo esile per sostenere appieno tutto il materiale proposto. Un castello di carte che, soprattutto nel prefinale, lascia percepire una discreta inconsistenza strutturale.
È vero, il tiro va ancora aggiustato, ma una cosa è certa: è nato un autore. E di questi tempi, nel cinema italiano, non è poco.

Voto 6,5

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Carolina Tocci

Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.

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