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— 2 giugno 2019Torna l’appuntamento per i leader dell’industria audiovisiva.
Era l’ospite più atteso a questa XII edizione della Festa del Cinema di Roma, e non ha deluso le aspettative. David Lynch, con il suo abito scuro e la morbida spirale di capelli bianchi che gli finisce sulla fronte quasi fosse l’anticamera per uno dei mondi che ama tanto raccontare, ha incontrato la stampa stamattina durante una conferenza gremita, in attesa di ritirare il Premio alla carriera, questa sera, per mano di Paolo Sorrentino.
E che carriera, quella di Lynch, che più di ogni altro regista contemporaneo ha saputo spaziare tra cinema e televisione prendendo il pubblico per mano e portandolo nei luoghi misteriosi della sua opera, spesso difficili da decifrare ma sempre frutto di una ricerca continua e orientata in più direzioni sul potere evocativo delle immagini. A molte domande risponde in modo tranchant, ma è arguto e divertente, enigmatico e sornione e a chi gli chiede chi è, secondo lui, un sognatore, risponde secco: “E lo chiede a me? Sta a lei deciderlo”.
Il fatto che lei venga spesso definito il regista dell’incoscio, la disturba?
Se è dell’inconscio, non sono tenuto a saperlo.
È cosa nota che lei instauri sempre un rapporto di fiducia con le persone con cui lavora, ma che sul set vuole anche avere sempre tutto sotto controllo. Come si conciliano queste due cose?
Be’ si controllano le persone di cui si ha fiducia. Parlo molto con chi lavora con me, mi interessa arrivare a fargli comprendere perfettamente il mio punto di vista. Faccio lo stesso anche con gli attori. In un primo momento condivido con loro la sceneggiatura e li osservo mentre leggono il copione, dando la loro interpretazione. Poi, arrivati alle prove, spesso mi rendo conto che quello che hanno maturato riguardo ai loro personaggio, magari è diverso da quello che penso io. Per questo è necessario parlasi molto in questa fase, per fare in modo che ciascuno di noi entri in sintonia con le idee dell’altro.
Ci sono dei personaggi o delle opere dalle quali ha tratto ispirazione per i suoi film?
No. Sono un fan di Franz Kafka e lo sono anche di Jacques Tati, così come di molti registi diversi tra loro. Ma la mia ispirazione viene dalle idee, che sono come un po’ come un regalo da scartare la mattina di Natale.
Nanni Moretti, durante un incontro con il pubblico della Festa avvenuto alcuni giorni fa, ha raccontato di quando, diversi anni fa a Cannes, era stato richiamato dal Festival perché il suo film, La stanza del figlio, sarebbe stato premiato. Poco prima di ricevere la Palma d’oro, il regista romano ha parlato di averla incontrata e che, quando gli passò accanto, lei gli disse: “Nanni un giorno o l’altro io ti ucciderò“. Qual è la sua versione della storia?
Io lo volevo uccidere, da subito! No, amo Nanni e chissà perché ho provato questo impulso… Mi ero completamente dimenticato di questa cosa.
Il suo ultimo film è stato Inland Empire, c’è qualche progetto imminente?
No, al momento non ho niente di pronto.
E con Twin Peaks, continuerà?
È troppo presto per dirlo.
In un certo senso i suoi film somigliano molto a quelli di Werner Herzog. Che opinione ha sul suo cinema?
Mi piace molto Werner, sia come persona che come regista. Poi è uno di quei registi ossessionati dal proprio lavoro e io adoro le persone in preda alle ossessioni!
Negli ultimi anni si è assistito a una battuta d’arresto del cinema d’autore e a un incremento, sia in termini qualitativi che di pubblico, di serie TV “autoriali”. Qual è la sua idea a riguardo e quali sono le serie televisive che ama?
Effettivamente i film sembrano essere in crisi rispetto al passato. La gente va al cinema per vedere soprattutto film d’azione, mentre il cinema d’autore non riesce a farsi valere. Per fortuna c’è la TV via cavo, che ha creato un nuovo canale. Il problema è che, purtroppo, suono e immagini sono meno buone rispetto alla sala.
Mi piacciono molto Mad Men e Breaking Bed.
Si è mai pentito di aver rifiutato di girare Star Wars Episodio VI: Il ritorno dello Jedi?
No, ho sempre detto a Lucas che quel film non era una cosa mia, ma sua.
In che modo la meditazione che pratica da anni l’ha aiutata nel suo lavoro?
Questo mondo è pieno di negatività e di stress, che schiacciano il tubetto in cui scorrono le idee. Mentre la meditazione ti consente di entrare in una creatività pura e senza confini, rimuovendo la negatività, in modo da alleviare lo stress. Pratico la meditazione trascendentale da quarantaquattro anni ed è così che mi tiro fuori dalla merda, dati i tempi difficili in cui viviamo. Le persone dovrebbero essere felici e piene di energia. E dobbiamo godere del fare. Inoltre il mondo dovrebbe apprezzare il cibo e il caffè italiani!
Crede che ascoltare musica favorisca il processo creativo?
Sì, ne sono convinto. La musica è così astratta che riesce a suscitare emozioni e idee. Ho scritto tutto Velluto blu ascoltando Šostakovi?. Le idee scorrevano con una fluidità impressionante. David Bowie è stata la base di partenza per Strade Perdute, per non parlare della musica di Angelo Badalamenti, che mi ha sempre fatto venire in mente molte idee. Trovo che la musica abbia una potenza incredibile all’interno del processo creativo.
Cosa ne pensa degli scandali sessuali hollywoodiani che sono su tutte le prime pagine? Non ha paura di rimanere coinvolto anche lei in tutto questo?
[Ride] Stay tuned! (Rimanete sintonizzati).
C’è un ricordo, in particolare, che conserva di David Bowie, visto che ha avuto la fortuna di lavorare con lui in Fuoco cammina con me?
Lo amavo, è stata una gioia lavorare con lui. Mi sarebbe piaciuto averlo nella 3° stagione di Twin Peaks ma non accettò la proposta. E solo dopo ho capito il perché.
Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.
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