Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Come un gatto in tangenziale vede il ritorno, a meno di un anno dall’uscita di Mamma o papà?, della squadra formata dalla coppia Albanese/ Cortellesi e dal marito di quest’ultima, Riccardo Milani, dietro la macchina da presa.
Ora, tolta la costante della bravura dei due interpreti, la principale differenza tra i due film è che questo fa effettivamente ridere, non un particolare da poco trattandosi di prodotti finalizzati per lo più a questo scopo.
La storia è quella di Giovanni (Antonio Albanese), raffinato intellettuale di sinistra dedito alla riqualificazione delle periferie e Monica (Paola Cortellesi), fiera coatta che, in una di quelle periferie, ci vive. I loro mondi, agli estremi opposti dello spettro sociale, si scontrano quando Agnese, figlia tredicenne di Giovanni si prende una cotta per il borgataro Alessio e il papà, terrorizzato, li segue fino alla casa dove il ragazzo vive con la madre – Monica, per l’appunto – e le due zie Pamela e Sue Ellen. Qui l’uomo scopre che la donna è altrettanto contraria all’idea che i due ragazzi si frequentino.
Detto di una delle poche commedie italiane recenti effettivamente in grado di generare risate, il problema di Come un gatto in tangenziale è, semmai, nella pretesa di poggiare le proprie basi sull’osservazione di una realtà che, sebbene Milani affermi di aver pensato al film dopo essersi trovato a vivere una situazione simile a quella di Giovanni/Albanese, non si conosce affatto.
La prima parte del film è infatti un campionario di alcuni dei più triti luoghi comuni sulle differenze, ovviamente macroscopiche, tra intellighenzia borghese e naïveté di borgata. Quindi il mega-appartamento in centro contro lo squallore di un casermone che è a Bastogi, ma potrebbe tranquillamente essere quel Corviale già trattato dalla coppia Cortellesi/Milani in Scusate se esisto!. Allo stesso modo le spiagge radical chic di Capalbio vengono contrapposte alla ben più proletaria Coccia di Morto.
Solo quando abbandona la sua struttura così ostinatamente dicotomica, ipotizzando la possibilità che quei due mondi opposti possano – complice una Franca Leosini adorabilmente autoironica – non solo trovare un modo per comunicare tra loro ma addirittura cominciare a piacersi, Come un gatto in tangenziale guadagna punti, trasformandosi in una commedia (forse) romantica senza troppe velleità sociologiche. Merito soprattutto di due protagonisti perfettamente in parte, con Albanese una spanna al di sopra rispetto a una Cortellesi sempre bravissima anche se, a tratti, anche troppo gigiona. Ma molto lo fa anche il cast dei comprimari con, in primis, la coppia di zie gemelle affette da “shopping compulsivo”, così come l’ex moglie di Albanese meravigliosamente interpretata da Sonia Bergamasco: il personaggio in cui emergono maggiormente le contraddizioni di una sinistra agiata a cui piace sciacquarsi la bocca di istanze civili per poi finire in Provenza a fare profumi. Il cameo di Claudio Amendola, nella sua funzione programmatica, è invece già meno riuscito. Ma il film nel complesso fa il suo lavoro, oltre a fungere da involontario monito un po’ a tutto il cinema italiano di area più leggera. Meno pistolotti sociali, insomma, e più risate.
Voto 6,5
Da sempre convinto che, durante la proiezione di un film, nulla di brutto possa accadere, ha un passato da sceneggiatore, copywriter e altre prescindibili attività. A parte vedere film fa ben poco.
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