MIA Market 2019: la quinta edizione sarà dal 16 al 20 ottobre
— 2 giugno 2019Torna l’appuntamento per i leader dell’industria audiovisiva.
10. Logan – The Wolverine – James Mangold
Quando ripartire da zero è la sola cosa da fare. Dopo i prescindibilissimi X-Men le origini – Wolverine e Wolverine – L’immortale, la trilogia dedicata all’X-Men con gli artigli di adamantio compie un balzo in avanti con un terzo capitolo che, scrollandosi di dosso ogni cliché, abbandona la strada maestra per raccontare un universo proprio, intimo e viscerale, epurato da tutta quella epicità retorica e ridondante tipica dei film di supereroi. Quest’ultimo Wolverine è segnato da un’umana rassegnazione, e Logan è un eroe in cerca di redenzione in un’epoca in cui l’eroismo ha cambiato volto. E anche significato.
9. Split – M. Night Shyamalan
La gran parte del merito, in questo horror sui generis, va a un James McAvoy in stato di grazia che interpreta un folle con ventitré personalità diverse. Il resto alla capacità – e alla volontà, soprattutto – di Shyamalan di essere finalmente tornato trattare temi a lui più congeniali dopo la poco felice incursione nel cinema fantasy e di fantascienza (se avete perso L’ultimo dominatore dell’aria, promettete di non recuperarlo mai). Split è un thriller ansiogeno e ricco di suspense, ben costruito e con un twist narrativo nel finale che non fa rimpiangere i tempi d’oro de Il Sesto Senso o The Village.
8. Arrival – Denis Villeneuve
Comprensione, dolore e scoperta. Alla luce di questi concetti il regista canadese Denis Villeneuve porta il cinema di fantascienza a un livello più alto e decisamente umano con Arrival. I suoi alieni sono da capire, non da combattere e il suo film è un manifesto alla comprensione del diverso. Tecnicamente impeccabile (che fotografia e che montaggio sonoro!), il film gioca con tempo, spazio e sentimenti, mentre costruisce un congegno intricato e plausibile che racconta una vicenda intima e personale legata a doppio filo a quella del destino del mondo.
7. Sette minuti dopo la mezzanotte – J. A. Bayona
Dopo aver affrontato le paure dell’infanzia in The Orphanage e quelle dello tsunami che nel 2004 colpì la Thailandia in The Impossible, J. A. Bayona adatta il romanzo di Patrick Ness e ne tira fuori un piccolo, toccante capolavoro neogotico con la storia di un bambino alle prese con un gigantesco mostro della natura che vuole insegnargli qualcosa. Ottima CGI per questa storia di formazione incentrata sulla presenza-assenza della figura materna, vista con gli occhi del dolcissimo protagonista. Si piange a dirotto.
6. Silence – Martin Scorsese
Se ci si ferma un attimo a pensare, sembra impossibile che Scorsese abbia diretto in successione due film tanto diversi tra loro come The Wolf of Wall Street e questo Silence. Da sempre interessato a inserire nelle sue pellicole riflessioni sul concetto di fede, qui Scorsese (ex seminarista, non dimentichiamolo), ci mostra il suo lavoro più contemplativo, guidato da una regia estremamente controllata e caratterizzato da un rigore stilistico e formale che sovrasta ogni altra componente.
5. Le cose che verranno – Mia Hansen-Løve
Uscito in poche sale e per (troppo) poco tempo, il quinto film della regista francese Mia Hansen-Løve si sofferma su quella sottile linea che c’è tra solitudine e libertà nell’esistenza di una donna non più giovanissima, abituata a incarnare con una certa dedizione le aspettative da non deludere che amici e familiari le hanno costruito attorno. Finché le cose non iniziano a cambiare. Protagonista, una magnifica Isabelle Huppert che qui lavora di sottrazione, quasi sempre fuori fuoco, in balìa degli eventi che la percuotono e ai quali sembra non voler reagire.
4. La La Land – Damien Chazelle
Sfiorato l’Oscar al Miglior Film per un soffio (ricordate quello che accadde durante la cerimonia?) La La Land è forse la pellicola più rappresentativa del 2017. Un sorprendente musical ad opera del giovane e talentuoso Damien Chazelle che è riuscito a mescolare in perfetta armonia cinema popolare e cinema autoriale, donando nuova linfa al genere. Ryan Gosling ed Emma Stone, leggeri e malinconici, fluttuano sulle note dei brani avvolgenti composti da Justin Hurwitz. Il resto è pura magia.
3. La vendetta di un uomo tranquillo – Raúl Arévalo
Un film di cui in Italia si è parlato troppo poco e che rappresenta il picco più alto della nuova ondata della cinematografia spagnola (vincitore in patria di quattro Goya per il Miglior Film, Sceneggiatura originale, Attore non protagonista e Regista esordiente), La vendetta di un uomo tranquillo è un revenge movie in cui un uomo perbene, all’apparenza solitario e riservato, è in realtà prigioniero di un rancore soffocante. Raúl Arévalo alla sua prima regia confeziona un’opera dal ritmo serratissimo, attorno a una storia cruda e inaspettata, fino all’ultima scena.
2. Elle – Paul Verhoeven
A dieci anni dalla sua ultima regia (se si esclude l’esperimento Steekspel), l’olandese Paul Verhoeven torna fragorosamente alla ribalta con questo Elle, che riesce ad essere contemporaneamente una commedia perversa, un noir erotico a tinte horror e una lucida riflessione sulla società di oggi. Mattatrice di questa storia che spiazza e diverte è una Isabelle Huppert spogliata dall’aura di autorialità che l’ha “imprigionata” in un recente passato, libera di essere finalmente una fragile, folle, carnale e ambigua superdonna Verhoeveniana.
1. Dunkirk – Christopher Nolan
Il compimento artistico della missione di Christopher Nolan rientra, in poco meno di due ore, tutta in Dunkirk. Uno spettacolo visivo di rara potenza evocativa che scandisce l’incubo della guerra come una partita temporale in tre fasi. Il regista della trilogia de Il cavaliere oscuro e Interstellar sfodera tutta la sua abilità da cineasta pignolo e scrupoloso per restituire al pubblico una delle più emozionanti ed epiche fette di storia del secondo conflitto mondiale, l’Operazione Dynamo, il cui fulcro non è tanto la guerra in sé quanto la sopravvivenza all’interno di essa. Quella di Nolan è una prospettiva cinematografica del tutto nuova, in cui le immagini e lo scorrere della trama acquisiscono nuove potenzialità rispetto alla parola, che in Dunkirk è poco più che una nota a margine.
Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.
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