Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Carlo Verdone e la religione, un binomio che ritorna nel cinema del regista e attore romano (laureatosi in Storia delle religioni), in varie declinazioni. Da quando ha iniziato a fare film, le sue storie hanno spesso incrociato il credo cattolico, in un modo o nell’altro: dal Don Alfio di Un sacco bello al finto Padre Spinetti di Acqua e sapone, fino a Io, Loro e Lara, le sue incursioni in quest’ambito sono state frequenti e polimorfe. In Benedetta follia il nostro interpreta l’immacolato proprietario di un negozio di articoli religiosi, uomo borghese di indubbia moralità, devoto e serio, che viene lasciato dalla moglie dopo venticinque anni di matrimonio. La sua vita viene sconvolta dall’arrivo di una commessa di periferia, Luna (Ilenia Pastorelli, David di Donatello 2016 per Lo chiamavano Jeeg Robot) che, per fargli dimenticare la delusione, lo iscrive ad alcuni siti di dating online che, se da un lato gli regalano esperienze imbarazzanti e fallimentari, dall’altro lo spingono a ritrovare la voglia di lasciarsi il passato alle spalle.
A due anni da L’abbiamo fatta grossa, in cui era in coppia con Antonio Albanese in un film tutto al maschile, con Benedetta follia l’autore romano torna a esplorare l’universo femminile in tutte le sue sfaccettature e una realtà in cui i rapporti umani si intrecciano in un mondo sempre più connesso e solitario. Scritto dallo stesso Verdone insieme con Nicola Guaglianone e Roberto Marchionni, alias Menotti (già autori de Lo chiamavano Jeeg Robot), al netto della solita dimestichezza con le tematiche care alla sua opera (la dicotomia borghese-coatto, l’esplorazione dei personaggi da un punto di vista socio-culturale e la curiosità di approfondire i divari generazionali), la marcia in più al film gliela fornisce la rustica genuinità di Ilenia Pastorelli, perfetta per il ruolo di femme verdoniana, protagonista di alcuni dei momenti più divertenti, anche se le gag più tragicomiche del film sembrano essere frutto di una scrittura libera e con pochi paletti dei due “nuovi” sceneggiatori. Si nota la mano diversa, alla quale il Verdone attore si adatta con qualche tentennamento e che fa perdere unitarietà al racconto, ma va anche detto che questa sorta di “spaesamento” del suo personaggio diviene man mano un elemento funzionale all’armonia dello script.
E poi c’è Roma. Un po’ più bella di com’è attualmente. In un momento storico in cui la popolarità della Città eterna (soprattutto tra i cittadini romani) è ai minimi storici, è come se Verdone tentasse di rilanciarla, rendendola protagonista e immortalandola in tutto il suo splendore, come fosse un augurio per il futuro. La colonna sonora di vecchie hit, da La stagione dell’amore di Battiato a E la chiamano estate di Bruno Martino, passando per Splendido splendente della Rettore poi, ha un che di rassicurante e malinconico insieme. In Benedetta follia non mancano neanche i momenti onirici in cui si arriva a sfiorare il musical, con un richiamo al varietà di Antonello Falqui, alle atmosfere sorrentiniane – dopotutto c’era anche lui ne La grande bellezza – e a quelle coeniane de Il grande Lebowski. Divagazioni sperimentali a parte, Bebedetta follia rimane una commedia verdoniana quasi del tutto, con i suoi momenti di malinconia e la vita reale che vince a mani basse su quella virtuale. Sempre e comunque.
Voto 6,5
Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.
Il mondo di oggi, connesso e solitario, raccontato da Carlo Verdone. Con un’esilarante Ilenia Pastorelli.
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