Ore 15:17 – attacco al treno

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La sera del 21 agosto 2015 un giovane marocchino di 26 anni, Ayoub al-Qahzzani, aprì il fuoco con un kalashnikov su un treno partito da Amsterdam in direzione Parigi. Un attacco che inizialmente sembrava essere di matrice terroristica e che poi si rivelerà solo un tentativo di rapina, sventato da tre coraggiosi giovani americani in viaggio per l’Europa che si trovavano al momento giusto nel posto giusto: Anthony Sadler, Alek Skarlatos e Spencer Stone.
A due anni da Sully altro film intenzionato a raccontare, attraverso una storia vera, che si può diventare eroi all’improvviso, l’87enne Clint Eastwood questa volta alza il tiro e decide di utilizzare i veri protagonisti della vicenda per conferire alla sua storia una veridicità ancora più consistente. Così in Ore 15:17 – attacco al treno il regista premio Oscar ripercorre le vite dei tre amici, due militari e un civile, dai problemi d’infanzia alla ricerca del loro posto nel mondo, fino ai giorni che hanno preceduto l’attacco.
Un attacco al treno che si sviluppa solo alla fine del film, in poco più di dieci minuti, e che arriva dopo una ricostruzione, a detta di Eastwood piuttosto pedissequa, e di un’indagine sul passato di Sadler, Stone e Skarlatos nel tentativo di spiegare come si forma un eroe.



Ore 15:17 – attacco al treno, la recensione del film di Clint Eastwood

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Il risultato è drammatico, qualcosa a cui non avremmo mai voluto assistere, con i concetti cari al cinema di Eastwood – la fedeltà al proprio paese, il nazionalismo portato a limiti estremi, l’amicizia, la fede – che qui vengono esasperati e resi ancora più ostici da una sceneggiatura che sembra scritta da un bambino di cinque anni (ad opera di Dorothy Blyskal, che ha fatto la segretaria di produzione in Logan – The Wolverine e che in Sully viene accreditata come Staff Assistant, alla sua prima esperienza come sceneggiatrice). E quello che viene da domandarsi è: ma possibile che un veterano del cinema come Eastwood, leggendo quello script non abbia pensato di metterci mano? Perché sono sufficienti una manciata di battute per rendersi conto che dei dialoghi così non possono funzionare. Anche con tutte le buone intenzioni di voler riportare i tre a ripetere gli attimi prima dell’attentato sul treno con minuzia di particolari, comprese le battute che si sono scambiati (e lì risulta davvero difficile pensare che tre tipi del genere possano aver salvato tutte quelle vite) e i vestiti che indossavano quel giorno.

Più che tre eroi, i ragazzi sembrano tre disadattati provenienti da quell’America di provincia che lascia poca scelta ai propri figli. Tre amici che quando si ritrovano, ormai adulti, in vacanza in Europa, non pensano che a farsi selfie (con una frequenza preoccupante) e sono indecisi fino all’ultimo se inserire o meno Parigi come tappa del loro tour perché “gliene parlano tutti male”. Ma tutti chi? Se è un modo di buttar dentro concetti quali la predestinazione e il fatto che era il fato a volere che fossero su quel treno, quel giorno a quell’ora, è quantomeno riuscito male.
Ma adesso ci daranno un pizzicotto, così ci svegliamo. E ci diranno che Ore 15:17 – attacco al treno non è mai stato girato.

Voto 2

 

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Carolina Tocci

Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.

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