“Il 3 giugnio 2018, il cinema Maestoso cesserà l’attività e verranno riconsegnati i locali alla proprietà” si legge in una nota firmata dalle segreterie regionali delle tre sigle sindacali Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil. “Con la chiusura del Maestoso, sala cinematografica unica dal punto di vista architettonico, con vincoli urbanistici – proseguue la nota – nell’intero quadrante sud-est verrebbe a mancare un importante punto di aggregazione socio-culturale per centinaia di migliaia di cittadini”. Circuito Cinema, che ha in gestione lo stabile, “ha già annunciato l’apertura della procedura per licenziamenti collettivi riguardanti nove lavoratori“.
Sembra dunque non destinata ad avere un lieto fine la storia di uno dei primi multisala romani, divenuto negli anni un punto di riferimento culturale del quartiere Appio Latino.
A settembre 2017 era toccato al cinema Fiamma, altra sala Circuito Cinema in pieno centro storico, ma negli ultimi anni sono state numerose le sale cinematografiche che hanno chiuso i battenti nella capitale.
Così come il Fiamma e, se le cose non cambiano in brevissimo tempo, anche il Maestoso, non ci sono più il Metropolitan, l’Etoile, il Rivoli, il Capranica, il Capranichetta, il Quirinetta, l’Embassy, il Rouge et Noir, l’Ariston, il Gioiello, il Capitol, l’Holiday, l’America, l’Archimede, il Rex, il Roma, il Clodio, l’Alce, l’Airone, il Jolly, il Ritz, il Clodio, l’Aventino, il Balduina, il Belsito, l’Imperialcine, il Planetario, l’Augustus, l’Astra, il Mazzini, il Gregory, il Quirinale, il Palazzo, il Rialto, il Preneste, il Giardino, il Cinestar, l’Academy Hall, l’Horus, l’Avorio. Un elenco certamente incompleto e che non tiene conto dei cineclub.
Una situazione che non va meglio nelle altre città italiane: tante, tantissime le chiusure in tutto lo stivale, a fronte delle poche, coraggiose riaperture.
Che la colpa sia attribuibile ai nuovi modi di fruizione dei film (lo streaming digitale, legale e non) o alla semplice necessità venuta meno da parte degli spettatori, di non avere più il bisogno di contare su un punto d’incontro, di condivisione e di scambio come ha saputo essere negli anni la sala cinematografica, bisogna prendere atto del cambiamento, anche se accettarlo risulta comunque difficile, forse anche ingiusto.
«Il cinema non morirà mai, ormai è nato e non può morire: morirà la sala cinematografica, forse, ma di questo non mi frega niente», così tuonava Mario Monicelli nei primi anni Novanta. E, a distanza di quasi trent’anni, non possiamo che constatare l’avverarsi di una frase che forse all’epoca fu vista solo come una provocazione.
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