Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Quarant’anni di paura, delirio e ossessioni. Quanto basta per rovinare una vita. Quella di Laurie Strode, la regina delle “final girl”, che dopo aver avuto a che fare con Michael Myers ha continuato ad avere un chiodo fisso: quello del suo carnefice che prima o poi sarebbe tornato a darle la caccia. Cosa che puntualmente accade in questo sequel diretto da David Gordon Green che, insieme agli sceneggiatori Danny McBride e Jeff Fradley, riparte quasi da zero, cancellando (giustamente) con un colpo di spugna tutti i vari sequel del film di John Carpenter usciti dal 1978 in avanti, come se non fossero mai stati realizzati e portando sullo schermo il primo sequel “ufficiale” del cult di quarant’anni fa. A conferire ufficialità al progetto, il nome di John Carpenter che figura come produttore esecutivo e consulente creativo di questo capitolo (oltre che compositore delle musiche), e quello del Re Mida della cinematografia horror contemporanea, Jason Blum.
Dove eravamo rimasti? Nel film di Carpenter, Laurie (il personaggio interpretato da Jamie Lee Curtis) ha 17 anni quando Michael Myers tenta di accoltellarla. Scampata miracolosamente al serial killer con la maschera e la tuta da meccanico, negli anni ha perso il marito, parla a malapena con sua figlia e con sua nipote e ha trascorso l’esistenza preparandosi ossessivamente al ritorno dell’Uomo Nero, in una casa che sembra un rifugio atomico, armata di fucile a canne mozze. Presto scopriamo che le sue non sono solo le convinzioni di una pazza farneticante. Guarda caso, proprio la notte di Halloween, il feroce assassino fa ritorno a Haddonfield, Illinois, dopo essere evaso dall’istituto in cui era stato confinato anni prima, per chiudere i conti con il passato. E Laurie è lì ad attenderlo.
Gradevole e divertente, questo Halloween trova i suoi punti di forza nella sua protagonista, una meravigliosa e tostissima Jamie Lee Curtis e nei sapienti movimenti di macchina di Green (tra le scene tecnicamente memorabili, un piano sequenza di un doppio omicidio davvero niente male). Per il resto, qualche simpatico ammiccamento all’originale e davvero poco altro. Modellato per piacere al pubblico di oggi, soprattutto ai più giovani, è costruito, proprio come l’originale, con una prima parte che punta tutto sull’attesa e una seconda, decisamente più concitata. Quote rosa in primo piano, poi, dato che questa volta Michael ha a che fare non più solo con una, ma con tre generazioni di Strode!
Voto 6
Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.
David Gordon Green si riaggancia direttamente al cult di John Carpenter del 1978 e punta tutto su Jamie Lee Curtis.
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