Troppa grazia

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Presentato come film di chiusura alla Quinzaine des réalisateurs a Cannes 71, dove ha vinto il Label Europa Cinema, il riconoscimento attribuito al Miglior Film Europeo, Troppa grazia di Gianni Zanasi segue il filone per così dire “mistico” di un certo cinema italiano recente iniziato con la serie TV di Sorrentino Thje Young Pope e proseguita con quella di Niccolò Ammaniti, Il miracolo, passando per Io c’è di Alessandro Aronadio. Ora tocca a Zanasi raccontare il rapporto che abbiamo oggi con il divino e lo fa in modo divertente e inatteso.
Troppa grazia segue le vicende di Lucia (Alba Rohrwacher), una giovane madre single appena lasciatasi con il suo compagno Arturo (Elio Germano). Geometra onesta e pignola, in un mondo in cui solo la disonestà premia, ottiene l’incarico di controllare un terreno dove sarà costruita una grande opera architettonica. Lucia scopre subito dai rilevamenti che qualcosa non va ma, per non perdere l’ennesimo lavoro, decide di chiudere un occhio. Mentre si trova al lavoro, all’improvviso, le appare la Madonna, inizialmente scambiata per una profuga, che le assegna un compito da svolgere.

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Portatore in prima istanza di immaginari ancestrali appartenenti alla tradizione religiosa più classica, in realtà Troppa grazia cambia bruscamente rotta a pochi minuti dai titoli di testa, seguendo uno degli spunti più originali e inattesi tra quelli visti nel cinema italiano recente. Sì, perché la Madonna di Zanasi ha ben poco dell’aura mistica che ne ha accompagnato l’iconografia per secoli, e questo è un elemento che spiazza piacevolmente. È concreta, rigorosa e, all’occorrenza, anche manesca (ad interpretarla l’attrice israeliana Hadas Yaron, che aveva già lavorato con l’autore in La felicità è un sistema complesso ed è stata Sposa promessa nel film di Rama Burshtein).

Scritto dallo stesso Zanasi, insieme con Federica Pontremoli, Giacomo Ciarrapico e Michele Pellegrini, Troppa grazia è una folle e divertente corsa verso qualcosa che all’inizio della storia sembra ben chiaro, per poi perdersi durante il tragitto. Superbi gli attori, abilissimi nel non facile compito di far ridere indirettamente, attraverso le situazioni surreali che vengono a crearsi man mano e che riescono a star dietro ai frequenti cambi di registro mentre si passa dal comico-grottesco al dramma, dalla commedia brillante alla farsa. Peccato per la mancanza di equilibrio tra una prima parte pressoché perfetta e un finale che lascia il tempo che trova. Sicuramente da premiare, il coraggio di realizzare un film che affronta il sacro e il profano in modo piuttosto inedito.

Voto 6,5

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Carolina Tocci

Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.

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