I migliori film del 2018 secondo Fabio Giusti

Di Fabio Giusti
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10. Soldado – Stefano Sollima

Soldado

Sebbene mosso da spinte meno autoriali rispetto a Villeneuve, Sollima spinge forte sul pedale di un accumulo progressivo e parossistico di tensione, fino a costruire un meccanismo implacabile e, a tratti, quasi soffocante. Cinema di genere della miglior specie, con un occhio puntato al mercato e l’altro a Sam Peckinpah, Soldado rilancia la posta messa sul piatto da Sicario e si offre, sul finale, come secondo capitolo di una inaspettata trilogia.



9. A Quiet Place – Un posto tranquillo – John Krasinski

L’attore John Krasinski, alla sua seconda esperienza dietro la macchina da presa, costruisce questo tesissimo monster movie tutto fondato sul non detto e, almeno fino a un certo punto, anche sul non visto. Intrattenimento intelligentissimo che nega al suo stesso genere di riferimento – l’ horror – l’escamotage più abusato, ovvero l’utilizzo del sonoro, preferendogli un silenzio insistito che, se gestito ad arte come in questo caso, sa essere assai più assordante (e spaventoso) di qualsiasi rumore improvviso.

8. La forma dell’acqua – Guillermo Del Toro

Dopo l’omaggio all’horror classico dell’interlocutorio Crimson Peak, Del Toro torna ai livelli di eccellenza de Il labirinto del fauno adottando il medesimo mix di poesia e genere. Ne La forma dell’acqua, a fungere da base per questa impossibile love story tra mondi diversi solo all’apparenza, c’è il cinema di serie B degli anni 50 e, in particolare, il cult Il mostro della laguna nera di Jack Arnold. Così, lavorando sul progressivo annullamento di qualsiasi distanza residua tra cinema d’autore e intrattenimento, il regista messicano si conferma come uno dei più grandi uomini di cinema del nostro tempo.

7. L’isola dei cani – Wes Anderson
In fondo era del tutto ovvio che la geometrica perfezione formale di Wes Anderson, prima o poi, potesse andare a parare in Giappone. Lo fa con questa storia al tempo stesso dolce e distopica che si integra alla perfezione con tutti i leitmotiv andersoniani. L’autore torna allo stop motion di Fantastic Mr. Fox e gira il suo film più sperimentale e, forse, anche il più politico. Una storia di cani che fanno la rivoluzione e ragazzini indiscutibilmente più adulti degli adulti stessi.

6. Chiamami col tuo nome – Luca Guadagnino

ChiamamiColTuoNome

Un senso di bellezza diffusa avvolge lo spettatore dai (bellissimi) titoli di testa fino a una struggente sequenza finale che racchiude più o meno il senso di qualsiasi adolescenza. Ecco, se si mettono da parte eccessive speculazioni analitiche e ci si abbandona fiduciosi a tutta questa bellezza Chiamami col tuo nome si rivela un film raro e prezioso, che fa male ma anche molto bene. Perché ci ricorda quel particolare periodo della vita – per fortuna breve – durante il quale un’estate è più che sufficiente a devastarti il cuore.

5. Tre manifesti a Ebbing, Missouri – Martin McDonagh

Forse il film meglio scritto dell’anno. McDonagh compie il definitivo salto in avanti che gli consente il passaggio dal comunque piacevolissimo citazionismo di In Bruges e 7 psicopatici a uno stile più propriamente suo. Sorta di commedia funebre dai toni vagamenti coeniani – anche in virtù della presenza di una straordinaria Frances McDormand – Tre manifesti a Ebbing, Missouri è la storia di tre cartelloni sbiaditi persi su una strada secondaria, cui corrisponde in maniera adorabilmente speculare il senso di spaesamento dei supi tre magnifici protagonisti e, ça va sans dire, dell’America di oggi.

4. Dogman – Matteo Garrone

Senza ombra di dubbio il film italiano più bello e importante dell’anno. Tesissimo e potente, Dogman sfrutta il linguaggio del revenge movie per parlare di una vendetta che non è solo una faccenda personale, bensì il tentativo disperato di riscatto da parte di un uomo che, per un attimo, sente di avere la possibilità di aggiustare il mondo. Un mondo così assuefatto ai codici della violenza e della reciproca prevaricazione da equiparare in modo fin troppo assiomatico il concetto di gentilezza a quello di debolezza.

3. Il filo nascosto – Paul Thomas Anderson

Paul Thomas Anderson gira un capolavoro impossibile – perché difficilmente pensabile – di pura perfezione formale. Sospeso ad un ipotetico crocevia tra love story, mélo e giallo dell’anima, Il filo nascosto, prima ancora che il racconto di una storia bellissima e cristallina, è la fiera rivendicazione da parte del suo autore di una dote concessa a pochissimi: quello di poter filmare qualsiasi cosa trasformandola automaticamente in grande cinema.

2. Roma – Alfonso Cuaròn

Roma
Poche storie, Roma di Alfonso Cuaròn è un’opera magistrale, che gronda cinema e umanità da ogni sua singola inquadratura. Solo apparentemente antitetico al precedente Gravity – di cui mostra piuttosto chiaramente la genesi in un formidabile cortocircuito cinefilo che ne fa risalire le origini ad Abbandonati nello spazio di John Sturges – in realtà rappresenta una sorta di versione speculare e terrigna del capolavoro del 2013 e l’apice della filmografia dell’autore messicano.

1. Ready Player One – Steven Spielberg

Lo stato dell’arte dell’easter egg. Opera monstre in cui la ben nota schizofrenia creativa di Steven Spielberg è finalmente libera di dilagare, Ready Player One è, in buona sostanza, la più alta forma di intrattenimento che oggi sia possibile immaginare. Un divertentissimo calderone pieno zeppo di citazioni anni Ottanta – tecnicamente quasi tutto ciò che è stato creato in quel decennio è presente nel film –  che ibrida cultura nerd e universo videoludico con gusto estetico impareggiabile. Il ponte delle spie a parte, il miglior Spielberg degli ultimi vent’anni.

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Fabio Giusti

Da sempre convinto che, durante la proiezione di un film, nulla di brutto possa accadere, ha un passato da sceneggiatore, copywriter e altre prescindibili attività. A parte vedere film fa ben poco.

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