La favorita

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“Chi si aspetta che nel mondo i diavoli vadano in giro con le corna e i buffoni coi sonagli sarà sempre loro preda e il loro zimbello”.
(Arthur Schopenhauer)



 

Inghilterra, primi del Settecento. Il paese è in guerra con la Francia e la corte si divide in due fazioni: quella che vorrebbe continuare nonostante gli alti costi e l’opposizione, desiderosa di chiudere la faccenda al più presto. Ogni mezzo è lecito per influenzare la regina Anna (Olivia Colman), l’ultima discendente degli Stuart, timida, goffa, fortemente depressa e affetta da gotta, per convincerla ad agire in un modo o nell’altro. Al suo fianco c’è la fidata consigliera, la risoluta Lady Sarah (Rachel Weisz) che è anche sua amante, confidente e amministrtarice degli affari di stato. Poi un giorno, dalla campagna, arriva la graziosa e altrettanto risoluta Abigail (Emma Stone), caduta in povertà ma di aristocratiche origini. Introdotta a palazzo come sguattera, presto saprà cogliere l’occasione giusta per mettersi in luce agli occhi della sovrana e dell’intera corte.

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Esattamente come accadeva nei precedenti The Lobster e Il sacrificio del cervo sacro (nel primo caso esagerando quella convenzione sociale per cui la realizzazione personale sembra possibile solo attraverso un rapporto di coppia stabile e nel secondo realizzando una storia che ruota attorno al concetto di giustizia in modo del tutto bizzarro), anche ne La favorita Yorgos Lanthimos compie una scelta narrativa spiazzante e anticonvenzionale nel raccontare una vicenda che mira a distruggere un equilibrio precostituito. Così la trama del film premiato a Venezia75 con il Gran premio della giuria e con la Coppa Volpi per la Miglior interpretazione femminile a Olivia Colman, che ruota attorno a un nodo epocale e denso di significato dal punto di vista storico – la guerra tra Regno Unito e Francia – nelle mani del regista greco si trasforma in un triangolo amoroso eccentrico e inaspettato. Il cinema di Lanthimos, ormai lo sappiamo, non suscita reazioni tiepide. I suoi film si odiano o si amano, anche se in questo caso l’autore greco dà forma alla sua opera più immediata e mainstream, riuscendo però a mantenere una certa fedeltà agli stilemi che hanno sempre caratterizzato i suoi lavori.

La favorita, che poggia le proprie basi sulla brillante sceneggiatura di Deborah Davis e Tony McNamara, è un Eva contro Eva ai tempi di Barry Lyndon, che dal film di Mankiewicz riprende l’arrivismo spietato e dall’affresco kubrickiano la meticolosa veridicità dei dettagli e gli aspetti rocamboleschi della storia, sensibilmente amplificati dalle deformazioni grandangolari del fish-eye. I personaggi, tutti marci e moralmente degradati, che in un batter d’occhio passano dal fango alle feste di corte, per poi riprecipitare un attimo dopo in contesti sudici e squallidi, svincolati da ogni ideale accademico di bellezza o convenienza, sembrano usciti da un quadro di Goya. Divertente e feroce e al contempo dramma malinconico tanto frivolo e vezzoso quanto perfido, può contare su tre attrici in stato di grazia (tutte e tre meritatamente candidate all’Oscar) che si muovono all’interno di una confezione sontuosa e impeccabile, stilisticamente rigorosa ma che, all’occorrenza, diventa un sanguinoso campo di battaglia sul quale confrontarsi senza esclusione di colpi. Tutto ne La favorita, sembra suggerire il grande inganno: quello che sembra che non è mai quello che è.

Voto 8,5

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Carolina Tocci

Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.

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