MIA Market 2019: la quinta edizione sarà dal 16 al 20 ottobre
— 2 giugno 2019Torna l’appuntamento per i leader dell’industria audiovisiva.
«Eravamo convinti che avremmo scelto rapidamente una manciata di opere che piacevano a entrambi e avremmo finito». Invece alla fine il regista Wes Anderson (I Tenenbaum, Grand Budapest Hotel, L’isola dei cani) e sua moglie Juman Malouf, illustratrice, scrittrice e designer, hanno impiegato due anni a rovistare tra gli immensi archivi del Kunsthistorisches Museum di Vienna (che contiene oltre quattro milioni di opere) e del Naturhistorisches Museum (venti milioni di oggetti), i musei gemelli che hanno ereditato il lascito degli Asburgo e dove, un anno fa, la coppia aveva già allestito la prima edizione della mostra. Il risultato di questa ricerca è Il Sarcofago di Spitzmaus e altri tesori, visibile a Milano, in Fondazione Prada fino al 13 gennaio 2020.
All’interno dell’edificio centrale (il cosiddetto Podium della Fondazione), protetta da tende color senape che impediscono alla luce esterna di filtrare, la mostra ospita una raccolta di oltre cinquecento opere raggruppate in modo anticonvenzionale. Una wünderkammer più che un’installazione artistica che si svela attraverso un percorso poco estatico e molto estetico spingendo il visitatore a immergersi in un’atmosfera tipica dei film del regista, tra elegante eccentricità e quella capacità di attingere dal passato, rendendo moderno e cool ciò che non lo è più, tocco che da sempre caratterizza il suo percorso cinematografico.
Le due importanti collezioni asburgiche raccolgono meraviglie e curiosità acquisite nel corso dei secoli dalla famiglia imperiale austriaca: minerali, animali sotto formaldeide, ritratti di nani, giganti, bambini e reperti archeologici romani ed egizi, tra i quali il sarcofago contenente la mummia di toporagno da cui la mostra prende il nome. Ci sono anche un Rubens (Ritratto di Isabella d’Este) e un Tiziano (Ritratto del duca Giovanni Federico, elettore di Sassonia), un ritratto del conte Vlad Tepes III (Dracula), quelli dell’irsuto Pedro Gonzalez e dei suoi figli, affetti da ipertricosi e poi tantissimi oggetti: coppe, piccole statue cinesi, busti, gioielli, armi, miniature varie, libri e molto altro.
Senso di déjà-vu a parte, ben avvertibile entrando per chi ha visto almeno uno dei suoi film, è chiaro come Anderson e la Malouf intendano puntare a stupire applicando al percorso espositivo degli escamotage registici che rappresentano l’elemento più bizzarro e spiazzante della mostra. Nessun metodo accademico nella selezione, bensì concettuale. ll sarcofago di Spitzmaus e altri tesori è infatti una riflessione sui motivi che portano l’essere umano a collezionare creando tra gli oggetti sinergie inattese. I reperti sono divisi per aree, divise per colore (il verde, ma anche il rosso della sezione dedicata alle miniature) o su suggestioni tematiche, per esempio i ritratti infantili, la natura e il viaggio. Una visione impeccabile, in linea con l’universo eccentrico e maniacale andersoniano.
Non tutti apprezzeranno, però, la disinvoltura con cui articoli del patrimonio storico sono stati trasportati in un contesto puramente visivo: isolando i manufatti in teche incassate nei numerosi pannelli che creano la struttura della mostra, Wes Anderson e Juman Malouf risultano essere allestitori sui generis: la scelta di posizionare le opere a pochi centimetri da terra, costringendo il visitatore a chinarsi per osservare appieno il manufatto, così come l’accostamento di lavori di artisti noti a quelle di ignoti o di perfetti sconosciuti rappresentano una bizzarria piuttosto capricciosa, anche se esteticamente appagante.
Se la scelta espositiva punta allo stupore e al bello, non è priva di problematiche di carattere più pratico, tra queste la difficoltà nel leggere la brochure dedicata, in cui l’unico modo per trovare un’opera è la forma dell’oggetto che si cerca. Non ci sono riferimenti accanto ai cimeli esposti (quelle targhette che saranno anche bruttine, ma che aiutano non poco chi visita a capire quello che sta guardando) e questo rende la visita una specie di caccia al tesoro.
ll sarcofago di Spitzmaus e altri tesori è sì un allestimento pretenzioso e poco funzionale, ma è anche un percorso dal sicuro impatto visivo, che invita alle libere associazioni e ai cortocircuiti emozionali e in cui la logica lascia spazio all’affinità cromatica. Una sorta di “sfida” ai canoni tradizionali definiti dalle istituzioni museali. Un modo, differente, di fruire l’arte.
Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.
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