Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Nel 2003 in Francia, è uscito un film, Nathalie, che non è rimasto particolarmente impresso nella memoria del pubblico nonostante un cast di tuto rispetto. Questo thriller erotico con Fanny Ardant, Emmanuelle Béart, e Gérard Depardieu, diretto da Anne Fontaine, però, si è poggiato nella mente di uno dei registi/produttori più creativi sulla scena attuale, Jason Reitman (Juno, Tra le nuvole) che dopo aver elaborato ciò che aveva visto, ha deciso di produrne un remake americano, affidandone la regia nientemeno che ad Atom Egoyan. Il regista armeno-canadese ha preso lo stesso spunto utilizzato da Anne Fontaine, la crisi di una coppia di mezza età, e ha realizzato la sua versione di Nathalie, Chloe: Tra seduzione e inganno. A parte l’orrendo sottotitolo con cui il film esce qui da noi, Chloe è definibile come uno strano e interessante miscuglio di autorialità e cinema mainstream.
Cahtherine (Julianne Moore)è un’affascinante dottoressa, suo marito David (Liam Neeson) è un professore di successo. Felicemente sposati e con un figlio adolescente, vivono una vita agiata e apparentemente felice. Quando però, David perde un volo che lo avrebbe riportato a casa, i sospetti di Catherine, finora sopiti, emergono improvvisamente. La gelosia della donna e la certezza che il marito la tradisca, portano Catherine ad assumere una escort, Chloe (Amanda Seyfried), per sedurre David e testare così la sua lealtà.
Siamo davanti a una storia terribilmente sensuale, avvolgente e fisica da cui è difficile staccare lo sguardo. Non è un caso che la sceneggiatura di Chloe l’abbia scritta Erin Cressida Wilson, già autrice del grottesco Secretary, e da sempre portatrice sana di una certa carnalità narrativa. Amanda Seyfried e Julianne Moore esprimono perfettamente due volti della femminilità, la prima in un ruolo più sfacciato e conturbante, l’altra calandosi nei panni di una donna insicura e riservata. In Chloe è come se Egoyan avesse accantonato per un attimo la sua vena autoriale (molto più evidente nelle sue opere precedenti: False verità, Ararat) lasciando spazio a scene e situazioni piuttosto esplicite che tuttavia riescono a comunicare altrettanto efficacemente l’alienazione e l’incertezza che da sempre caratterizzano i suoi personaggi.
Voto 7
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