The Killer Inside Me

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A Jim Thompson, autore del romanzo omonimo da ci è tratto il film, va riconosciuto il fatto di esser stato uno dei migliori scrittori pulp del secolo scorso. Non a caso era uno degli autori preferiti di Stanley Kubrick e con lui collaborò alla stesura degli script di Orizzonti di gloria e Rapina a mano armata. Con queste parole il regista commentò The Killer Inside Me: “E’ forse la più agghiacciante e verosimile storia di una perversa mente criminale, raccontata in prima persona, che mi sia mai capitato di leggere”. Premessa d’obbligo per capire un po’ più a fondo in quali acque si sta avventurando lo spettatore che si troverà davanti all’ultima fatica dell’inglese Michael Winterbottom (Codice 46, The Road to Guantanamo).



The Killer Inside Me è la storia di Lou Ford, affascinante e riservato vicesceriffo di una piccola città del Texas. Ha una ragazza (Kate Hudson), una visione personale e discutibile di ciò che è legge e se ne va in giro a elargire quei piccoli favori che gli vengono chiesti dalla sua comunità. Ma quando su richiesta del più importante uomo d’affari della zona viene incaricato di sfrattare Joyce Lakeland (una conturbante Jessica Alba), la prostituta che si intrattiene con il figlio del magnate, Lou si reca a casa della ragazza. Gli basterà guardarla un attimo perché in lui riaffiorino gli istinti di una cruda violenza, sopiti da tempo. Tra i due inizierà una relazione torbida e impietosa, che sfocerà in un tentativo di ricatto e costringerà Lou a fare i conti con il vero se stesso.

Winterbottom ci regala  un film estremamente violento, in cui la durezza delle immagini è sì funzionale alla vicenda narrata, ma solo fino ad un certo punto. Il regista segue pedissequanemte il filo narrativo tessuto da Thompson rendendolo, se possibile, ancora più pulp. La sua è una regia eclettica e stravagante, gelida nei momenti di realismo, più sinuosa nelle scene che mettono in luce l’umanità di alcuni personaggi. Ma la storia, nonostante sia disseminata di momenti tanto duri da rendere difficoltoso persino tenere gli occhi sullo schermo, ha dei picchi di flemmatica lentezza che costringe la polpa di cui il regista si nutre, a ristagnare. Se nel romanzo di Thompson era il monologo interiore di Lou l’escamotage letterario a donare originalità, nel film questa soggettività si è persa, ma forse non poteva essere altrimenti. L’oggettività delle immagini filmiche in questo caso rappresenta il limite che Winterbottom, nonostante il talento di cui è dotato, non ha potuto oltrepassare. Così The Killer Inside Me salta fuori come un vivido Trompe-l’œil in cui le tinte sature della fotografia seguono le regole del noir più classico, in cui gli attori si muovono come figurine, schiacciati da un contesto storico e sociale in cui follia e violenza rappresentano la normalità.

Voto 6

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Carolina Tocci

Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.

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