Biutiful

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Dopo il premio a Cannes come Migliore Attore e una nomination all’Oscar nella stessa categoria (che accompagna quella di Biutiful, in lizza tra i Migliori Film Stranieri), Javier Bardem irrompe sui nostri schermi con una delle interpretazioni più pastose e riuscite della sua carriera. Il suo Uxbal è un uomo sui quaranta, separato dalla moglie, una donna con gravi problemi psicologici, e per questo costretto ad allevare da solo i suoi due figli. Vive una doppia esistenza, quella di padre amorevole e quella ben più losca che per esigenze lavorative lo porta ad avere a che fare con la manodopera clandestina delle comunità di immigrati cinesi e africani che popolano i ghetti di Barcellona. Ma Uxbal ha anche un dono spirituale da cui ricava del denaro: riesce a comunicare con i defunti. Quando scoprirà di essere gravemente malato, cercherà di predisporre tutto per garantire un futuro ai suoi figli.



Separatosi artisticamente dal suo sceneggiatore di fiducia, lo scrittore Guillermo Arriaga (passato anche lui alla regia con risultati più che positivi: The Burning Plan), Iñárritu questa volta si concentra su un’unica storia con un unico protagonista, portandola avanti fino a un toccante epilogo (tanto poetico quanto stranamente rassicurante). Se nei suoi film precedenti (da 21 grammi a Babel) il regista messicano aveva fatto degli incastri di sceneggiatura e montaggio i suoi punti di forza, raccontando realtà differenti di esseri destinati in un modo o nell’altro ad incontrarsi, ora si dedica a una storia che ha nella linearità il suo punto di forza e di debolezza insieme.

Sorprendentemente intenso Bardem, che con quel viso affatto regolare incarna perfettamente le contraddizioni che abitano il suo personaggio. Sentito e tangibile anche il tema della paternità, portato all’estremo con un linguaggio profondo e rappresentativo oltre la vita e oltre la morte. I temi cari a Iñárritu ci sono tutti: la malattia, la solitudine, la lotta alla sopravvivenza. Però Biutiful è anche un film tanto denso e massiccio nei temi che tratta, che risulta effettivamente difficile da metabolizzare, ma questa non è una novità per chi ha avuto modo di vedere gli altri film del regista messicano. Se da un lato Iñárritu regala emozioni e intensità nel suo modo morbosamente intimo di seguire il suo eroe sui generis, dall’altro vi farà uscire dalla sala con un o di quei macigni nello stomaco che non si dimenticano facilmente. Anche se la certezza di aver visto un gran bel film non tarderà ad insinuarsi nelle vostre menti provate da oltre due ore di pellicola. Una magra consolazione?

Voto 7

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Carolina Tocci

Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.

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