Venezia: il giorno di Cronenberg e Garrel

Di Carolina Tocci
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Difficile capire chi o cosa ci sia sotto la decisione di portare In Concorso un film disastroso come quello di Philippe Garrel, Un été brûlant, dove, tra le altre cose, spicca la peggior performance di sempre della nostra Monicona Nazionale. Il film racconta una storia d’amore non particolarmente originale con l’inevitabile crisi di rapporto tra un finto-tormentato pittore (Louis Garrel, figlio del regista) e un’attrice (Monica Bellucci) che potrebbe essere sua madre, narrata in un unico flashback. Non vogliamo rovinare la sorpresa della tanto attesa scena di nudo della Bellucci, ma di certo Monica nella sua carriera ha fatto molto di peggio: dalla sequenza di Irréversible diretta da Gaspar Noé, quando veniva stuprata da suo marito Vincent Cassel, non ha lasciato molto all’immaginazione, così come ne L’ultimo capodanno di Marco Risi, autorizzando miti e leggende sulla foltezza dei suoi peli pubici che poi si scoprirono essere un toupè. Se andrete a vedere il film (noi ci sentiamo di sconsigliarlo), giudicherete voi stessi. Bellucci a parte, il film di Garrel vanta un copione insostenibile, dei dialoghi che sembrano uscire improvvisamente dal cappello di un mago, tanto sono assurdi e privi di senso. Insomma, chi ha deciso che fosse il caso di portare Un été brûlant In Concorso, alzi la mano.



Durante la conferenza stampa di questa mattina, Monica ha parlato della tanto chiecchierata scena e del motivo per cui ha accettato di essserne protagonista: “Quando accetti di lavorare con un regista, ti ci affidi. Sono stata felice di essere stata scelta da Philippe, che per me è un autore con un suo personale universo. Il suo è un mondo che si odia o si ama, ma di certo non somiglia a quello di nessun altro. In quanto attrice, mi sono abbandonata completamente a lui. Philippe è uno di quei registi che fa solo un ciak, due quando proprio lo ritiene necessario. Quando ho girato quella scena di nudo ero in un momento molto particolare e delicato: un mese e mezzo prima era nata mia figlia.

Philippe Garrel era particolarmente loquace, tutto preso a difendere la sua opera e a mantenere fermo il proprio punto di vista: “Ho cercato di ritrarre le donne con un’anima, che poi è quello che faccio sempre nei miei film. Ognuno ha diritto alle sue opinioni, ma naturalmente non sono d’accordo con i critici a cui la pellicola non è piaciuta. Come punto di riferimento costante ho avuto Il disprezzo di Godard è stato il mio punto di riferimento costante mentre giravo Un été brûlant. Considero Godard il mio maestro in assoluto”. Immancabile la domanda sull’effettiva necessità della scena in cui Monica compare senza veli: “Nei tempi antichi la gente considerava i nudi si offendeva per essere ritratta nuda nella pittura. Nei film è lo stesso. Il non conformismo non è dettato dal fatto che io stia facendo un film, sono proprio io che sono così.

Applausi al termine della proiezione stampa, invece, per A dangerous method, il film di David Cronenberg tratto dalla pièce di Christopher Hampton A Talking Cure, in concorso al festival. Il regista di A History of Violence mette in scena la storica rivalità di metodo tra i due grandi psicanalisti Freud (Viggo Mortensen)e Jung (Michael Fassbender)e la relazione sconveniente di quest’ultimo con una sua paziente, la russa Sabine Spilrein, che diventerà in seguito analista. A Dangerous Method non è come ci si aspetta. Stranamente ordinato e narrativamente lineare per essere un film di Cronenberg, A Dangerous Method si sviluppa attorno ai dialoghi dei protagonisti e ai loro sentimenti. Non ci sono corpi straziati, almeno non esteriormente. A una prima parte più incalzante, segue una metà che si affievolisce con lo scorrere dei minuti. Prove notevoli di Fassbender e di Mortensen si contrappone una Keira Knightley eccessivamente enfatica. In conferenza stampa il cast è stato accolto con un caloroso applauso da una sala gremita di giornalisti.

David Cronenberg: “Alla base dello script ho voluto che ci fossero le lettere che si mandavano i protagonisti del film. C’era così tanto materiale da studiare e analizzare… Mi è stato detto che questo è un film molto diverso rispetto agli altri che ho girato e in parte è vero. Io do al film quello che richiede, come se ogni film ti dicesse quello di cui ha bisogno. Ogni film ha le sue esigenze, e io cerco di seguirle. Tra le principali difficoltà che ho incontrato nel girare A Dangerous Method c’è quella che incontro ogni volta che mi trovo a dover realizzare un film in costume. Credo che nell’arco del tempo sia cambiato il cervello delle persone e il loro sistema nervoso, e non tutti gli attori riescono a tornare indietro e ad adattarsi a un mondo che non hanno effettivamente vissuto.

Viggo Mortensen: “Mi ha divertito mettere in scena soprattutto il rapporto tra Freud e Jung, un rapporto infantile per certi versi. Non erano così lontani come posizione, ma nessuno dei due era disposto a fare un passo verso le teorie più fondamentaliste dell’altro, che poi è stato ciò che ha portato alla rottura tra i due.

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Carolina Tocci

Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.

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