Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Applausi per il film di Pupi Avati al Festival di Roma, un’operetta di sicuro valore che porta sullo schermo Cesare Cremonini, cantante prestato al cinema nei panni di Carlino, un ragazzo analfabeta e scavezzacollo che trova l’unica sperarsa di maritarsi quando un proprietario terriero gli offre in mano una delle figlie e una moto Guzzi. Frequentando per un po’ la casa del futuro suocero, Carlino incontra un giorno Francesca (Micaela Ramazzotti), figlia adottiva dell’uomo, appena tornata da Roma. Il colpo di fulmine è cosa inevitabile, così come gli ostacoli che i due dovranno superare per stare insieme.
Il film di Avati, permeato del senso agrodolce che caratterizza tutte le sue opere, è mediamente godibile ma troppo spesso tira per le lunghe la trama, finendo per affidarsi alla caratterizzazione troppo marcata dei personaggi. Cremonini non è un attore e si vede, nonostante l’evidente sforzo che fa per risultare credibile, mentre la Ramazzotti viene mortificata da una caricatura della svampita con l’accento romanesco, qui davvero troppo marcato.
Voto 6
Appassionato di pop a trecentosessanta gradi, ama il cinema d'evasione, l'animazione e i film che non durino più di due ore.
Pupi Avati porta al Festival di Roma una storia d’amore di provincia con Cremonini e la Ramazzotti.
Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
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