Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Presentato In Concorso all’ultima Mostra del Cinema di Venezia arriva nelle sale il nuovo film di Steve McQueen, video artista inglese che si porta dietro una pesante omonimia. Dopo l’acclamato Hunger (2008), ambientato all’inizio degli anni Ottanta nel carcere nordirlandese di Maze, dove i detenuti dell’IRA attuarono una rivolta finalizzata a costringere il governo inglese a conferire loro lo status di prigionieri politici, McQueen rimette in gioco il suo protagonista Michael Fassbender e lo trasforma in Brandon. Un uomo sulla trentina affascinante e di successo che vive a New York e che all’apparenza ha una vita perfetta. Dietro a questa pellicola di impeccabilità illusoria si nasconde il vero Brandon, quello ossessionato dal sesso, incapace di relazionarsi con qualcono se non attraverso incontri erotici mordi e fuggi consumati in ogni angolo di una New York che sembra fare il suo gioco. Un giorno, però, a sconvolgere l’insolita routine di Brandon, arriva la sorella minore Sissy (la sempre più brava Carey Mulligan), che invece è alla disperata ricerca di affetto e stabilità.
Da bastardo tarantiniano a sessuomane deviato, Michael Fassbender non sembra sbagliare un ruolo. Attore feticcio di McQueen (che ha dichiarato che non riuscirebbe a fare un film senza di lui), in Shame ci regala un’interpretazione intensa, reale e disperata. I lunghi piani sequenza del regista sembrano cercarlo continuamente e l’alternarsi di pezzi di musica elettronica e dei classici di Bach sottolinea perfettamente le contraddizioi che Brandon vive. Poi i primi piani che insistono sui volti dei due protagonisti braccandoli e costringendoli a mettersi a nudo, senza concedergli la possibilità di nascondersi o provare vergogna. E New York, la città perfetta in cui ambientare una storia di solitudine e di disagio, che offre mille possibilità e nessuna, che brilla e allo stesso tempo nasconde il marciume della società.
Le scene di sesso sono tante, ma mai gratuite. E il personaggio di Brandon, un antieroe per eccellenza, viene sottoposto a una brusca evoluzione attraverso varie fasi che lo portano, per la prima volta nella sua vita, ad avere una prospettiva, un orizzonte verso cui rivolgere lo sguardo. Fassbender a Venezia è stato premiato con la Coppa Volpi per la Miglior Interpretazione Maschile e di sicuro, quello che interpreta in Shame, è uno dei personaggi più controversi ed estremi che si siano visti al cinema di recente. E Carey Mulligan al suo fianco, non è da meno.
Sorprendente riflessione sul valore delle immagini e sulla semplicità di reperimento di queste nella società contemporanea, Shame è un film di una potenza devastante che racconta, attraverso il nichilismo più inquietante, il sesso come strumento di alienazione.
Voto: 7
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