Margin Call

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Dopo il documentario premiato con l’Oscar Inside Job, il frenetico Wall Street: Il denaro non dorme mai firmato Oliver Stone e Too Big to Fail di Curtis Hanson, ecco arrivare nelle sale un’altra pellicola sulla crisi finanziaria. A dirigere Margin Call, c’è l’esordiente J.C. Chandor, proveniente dal mondo della pubblicità, che ha avuto l’occasione di poter contare su un cast di altissimo livello, nonostante la sua sia a tutti gli effetti una pellicola indipendente, costata solo quattro milioni di dollari.



Margin Call è un film intelligente e soprattutto utile per tentare di capire che cosa abbia realmente determinato la crisi finanziaria iniziata nel 2008 negli States per spargersi a macchia d’olio nel resto del mondo occidentale. E Chandor sfrutta come pretesto le vicende dei funzionari di un importante istituto di credito statunitense. Seguiamo così la storia di Eric Dale (Stanley Tucci), che viene licenziato in tronco dalla banca per cui lavora: raccolti i suoi effetti personali in fretta e furia, riesce a consegnare al giovane analista Peter Sullivan (Zachary Quinto) una chiavetta contenente dei dati. Peter, analizzandone il contenuto, si accorge che il destino dell’istituto bancario è irrimediabilmente segnato e che il crollo del sistema su cui si basa l’intera finanza mondiale è ormai inevitabile, dato che tutta la struttura è sorretta da azoni virtuali. Peter aquel punto riesce a convocare le alte sfere dell’istituto di credito per cui lavora, per metterle a conoscenza della scoperta. I funzionari chiamati in causa si rendono subito conto che il mondo a breve sarà attraversato da una crisi finanziaria senza precedenti per gravità e relative conseguenze.

Utilizzando un termine strettamente tecnico a fare da titolo al suo film (il margin call indica la richiesta che viene fatta dal broker all’investitore, chiedendo a quest’ultimo di integrare il quantitativo di contante o titoli depositati in garanzia presso lo stesso intermediario. Questa richiesta viene avanzata quando il variare delle condizioni di mercato rende insufficiente il margine disponibile a tutelare l’intermediario dalle perdite), J.C. Chandor ci mostra le prime ventiquattr’ore della crisi finanziaria che tuttora attanaglia le economie di mezzo mondo. E lo fa in modo semplice e diretto, nonostante la materia a dir poco ostica, sfruttando appieno la potenza esplicativa dei dialoghi. Attraverso le chiacchierate tra i vari personaggi, entriamo anche noi nella sala riunioni di questo non meglio identificato istituto di credito che maneggia miliardi di dollari ogni giorno (il riferimento alla Lehman Brothers è solo evocato, ma piuttosto chiaro) e iniziamo a capire cosa e soprattutto quanto, ci sia dietro. La storia dell’indebitamento eccessivo di interi paesi destinati a subire perdite superiori all’effettiva capitalizzazione di mercato, ormai l’abbiamo vissuta. Ci accompagna ogni giorno. Ma il perché non sarà mai sufficientemente chiaro, soprattutto perché si tratta di un motivo talmente assurdo (abbiamo, anzi hanno, semplicemente speso e investito per cifre nettamente superiori a quelle che avevano a disposizione) che la gente comune ancora fatica a capire come una cosa del genere sia stata possibile. Sempre attraverso gli ottimi dialoghi, viene fuori poi il senso ultimo della pellicola di Chandor, un senso umano più che economico-finanziario, ossia che la vera recessione, quella davvero irreversibile, tocca le persone prima del denaro. E’ quella forza oscura che rende gli esseri umani ogni giorno peggiori: la società ci chiede di agire, e in fretta, di non fermarci un attimo a riflettere se quello che stiamo facendo sia giusto o sbagliato, perché la sola cosa importante è produrre. La descrizione di questo sistema entropico di cui facciamo parte nostro malgrado, è il vero motivo per cui si è costretti ad uscire dal cinema, una volta tanto, riflettendo. E non solo su come siamo arrivati a tanto, ma soprattutto sul perché.

Voto 8

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Carolina Tocci

Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.

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