La bicicletta verde

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Essere adolescenti a Riad, oggi. Anzi, una adolescente. Che pensa, desidera, sogna proprio come tutti gli adolescenti in tutti i Paesi del mondo – più o meno. Cercando di districarsi tra gli ostacoli che gli adulti sembrano non poter fare a meno di disseminare sul proprio percorso di vita. Wadjda è una ragazzina dotata di molta fantasia e creatività: la prima inquadratura del film è, morettianamente, per le sue All-Star dai lacci viola che spiccano in mezzo alle scarpe delle compagne di scuola, tutte nere. La madre (non ne conosciamo il nome, quasi che il suo ruolo ne esaurisse i connotati) è una bella donna che lavora; tutte le mattine esce di casa, davanti alla quale la aspetta un minibus guidato da Iqbal, un immigrato pakistano che, esprimendosi in modo rozzo (la sua lingua, del resto, è l’urdu), si lamenta con Wadjda che la genitrice è sempre in ritardo. Il padre è affettuoso ma ha altro per la testa: sta cercando una seconda moglie, istigato da sua madre che imputa alla prima di non potergli dare un figlio maschio.
A scuola, Wadjda fa a sportellate con il corpo docente e in particolare con Hussa, la preside severissima ma ipocrita – circola la voce che un bel “ladro” si sia insinuato in casa sua nottetempo… Il coetaneo Abdullah è l’unico amico sincero di Wadjda, che un giorno la sfida a batterlo in una corsa di biciclette.



Peccato però che in Arabia Saudita, dove vige il wahabismo (tra le più rigide delle correnti religiose dell’Islam), le fanciulle non vadano in bici. Wadjda fa di tutto per superare questa regola non scritta: innanzitutto, prende clandestinamente lezioni da Abdullah per andare in bicicletta, poi inizia a raccogliere il denaro necessario ad acquistare la verde due ruote che, nuova fiammante, fa bella mostra di sé fuori del negozio dove la ragazzina è solita acquistare varie carabattole.
Tra queste, una attira la sua attenzione mettendo in moto la sua fervida inventiva: un gioco elettronico in stile telequiz per imparare a memoria il Corano! Infatti, Hussa ha bandito un concorso a premi tra le alunne, mettendo in palio una discreta somma per chi dimostri di conoscere meglio il sacro testo. Ed ecco quindi che Wadjda, fino ad allora palesemente disinteressata agli insegnamenti religiosi, si trasforma in una studiosa accanita… I suoi sforzi avranno un esito imprevisto che, oltre a farla riavvicinerare alla madre e a rafforzare l’amicizia con il piccolo Abdullah, premierà il coraggio e la sua determinazione.

Halifaa Al Mansour è la prima regista donna dell’Arabia Saudita, ed ha scelto per il suo film un personaggio che ne incarna l’aspirazione ad affermare i diritti delle persone libere ovunque siano minacciati. Nella conferenza stampa di presentazione, Halifaa ha raccontato le difficoltà di girare un film a Riad – in alcune circostanze ha dovuto dirigere la troupe da dentro il furgone della produzione, con l’ausilio di un walkie-talkie! – ma ciononostante è stata un’esperienza straordinaria, soprattutto pensando che in Arabia Saudita i film circolano esclusivamente in dvd, non esistendo sale cinematografiche (la formazione di Halifaa è avvenuta in gran parte all’estero).
L’opera ha il patrocinio di Amnesty International, che appoggia le rivendicazioni per la libertà di movimento delle donne Saudite: nel 1990 prima e più di recente nel 2011, su invito di alcune attiviste, un gran numero di donne hanno preso simultaneamente la guida di un’automobile, in aperta sfida alle autorità locali.
Questo bellissimo film apre una finestra su una realtà scarsamente conosciuta dalle nostre parti, aiutandoci a comprenderla al di là degli stereotipi e dei luoghi comuni: una dialettica uomo/donna che, pur se condizionata dalla cappa della religione, vede la donna occupare spesso ruoli da protagonista; una realtà socioeconomica in cui la ricchezza del paese produce una discriminazione trasversale, quella verso i lavoratori immigrati; soprattutto, la forza inarrestabile delle aspirazioni dei giovani, che riusciranno prima o poi a costruire una società migliore, nei tumultuosi paesi arabi come nel compassato Occidente.

Voto 8

Recensione a cura di Roberto Dati
www.binarioloco.it

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