Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Era dal 1985 che la Disney non si avventurava nella produzione di un film ambientato nel mondo di Oz. In quell’anno, Nel fantastico mondo di Oz guadagnò una candidatura agli Oscar (per gli effetti speciali) e divenne nel corso del tempo, e più che a ragione, un cult. D’altronde, sebbene offra materiale a dismisura, il cinema ha sempre guardato con fin troppa reverenza la saga di Oz: solo i successi a teatro negli ultimi anni, primo tra tutti quello del musical Wicked tratto dal libro di Gregory Maguire, hanno aperto la strada a una rivisitazione hollywoodiana dell’universo di L. Frank Baum. La Disney scende in campo sfoderando un cast stellare e il regista che non ti aspetti per una produzione del genere: Sam Raimi. Il Grande e Potente Oz è più collegato all’immortale film del 1939 con Judy Garland che alla serie di libri: la sceneggiatura di Mitchell Kapner e David Lindsay-Abaire costruisce un prequel straordinariamente coerente con quanto narrato nel film di Victor Fleming più che nel romanzo: Oz (Franco) è un mago ciarlatano del Kansas che gira per fiere di paese, fino a quando un tifone non risucchia lui e la sua mongolfiera fino a trasportarlo in un mondo fatato che porta il suo stesso nome. Questo fatto convince Theodora (Kunis), la strega dell’Ovest, che Oz è proprio il mago che una profezia indica come salvatore del Regno di Oz, e lo conduce alla Città di Smeraldo. Qui lo introdurrà ad Evanora (Weisz), sua sorella, che promettendogli immense ricchezze lo convincerà ad andare alla ricerca di Glinda (Williams), che gli indicherà come nemica, per ucciderla. Nel suo viaggio Oz scoprirà che nulla è come sembra, oltre a incontrare personaggi di vario tipo che affronteranno con lui il cammino sulla strada dei mattoni gialli.
Raimi è incredibilmente meticoloso nel rendere ogni aspetto del suo film credibile come antecedente delle avventure di Dorothy. E non si vergogna di omaggiare Fleming in lungo e in largo, con un risultato visivo che per quanto graziato da effetti speciali e 3D ricalca alla perfezione il film del ’39. Allo stesso modo, Raimi racconta un’avventura dall’impianto assolutamente classico, con un intreccio semplice e una caratterizzazione dei personaggi quanto più vicina possibile ai topoi della fiaba. Se inizialmente questo si traduce in una linearità estrema e in dialoghi semplici, ci si accorge presto che tutto è funzionale a trascinarci nel mondo fatato di Oz con Oz. James Franco gigioneggia a dovere e con lui le tre streghe, che a tratti sembrano proprio uscire da un film degli anni ’40. Il contrasto con la ricchezza visiva è straniante ma allo stesso tempo funzionale ad aprire una emozionante finestra sui ricordi. Raimi ovviamente si diverte anche a riprendere le sottili venature di terrore che caratterizzavano la storia di Dorothy, ricalcandole fedelmente. Il risultato è sicuramente un film troppo lungo e con un ritmo che a tratti non regge, ma nell’insieme si tratta della rivisitazione più intelligente possibile che si potesse fare su del materiale che rendere più “moderno” sarebbe stato un errore madornale.
Voto 7
Appassionato di pop a trecentosessanta gradi, ama il cinema d'evasione, l'animazione e i film che non durino più di due ore.
Sam Raimi ci riporta nel mondo di Oz, ben prima che Dorothy andasse oltre l’arcobaleno.
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