Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Se gli ultimi due film in cui sei stato protagonista (Rock of Ages e Jack Reacher – La prova decisiva) hanno ottenuto un risultato piuttosto deludente al box-office, potrebbe essere considerato quantomeno rischioso buttarsi a capofitto su una pellicola che si intitola Oblivion (letteralmente oblio, dimenticanza). Ma Tom Cruise evidentemente non è uno che si tira indietro davanti alle sfide e si è diretto a braccia tese verso l’ennesimo ruolo salvifico della sua ormai trentennale carriera.
A otto anni di distanza dal tiepido La guerra dei mondi firmato da Steven Spielberg, il ragazzo d’oro di Hollywood torna protagonista di un film di fantascienza diretto dall’autore di Tron: Legacy, Joseph Kosinski. Un progetto nato dalla fervida fantasia del regista, produttore e architetto, plasmatasi prima sotto forma di storia e di graphic novel e poi divenuta pellicola grazie anche all’insistenza di Cruise che ha creduto da subito nel progetto.
Ci sono voluti centoventi milioni di dollari di budget per raccontare una storia che attinge liberamente dai pilastri della fantascienza cinematografica (non è difficile ritrovare in Oblivion tracce di 2001: Odissea nello spazio, Alien, Mad Max, Blade Runner, Dune, Armageddon, Matrix, del notevole Moon di Duncan Jones e persino del pixariano Wall-E).
Anno 2077. Dopo aver vinto la guerra contro gli invasori Scavengers, gli esseri umano hanno dovuto abbandonare la Terra ormai inabitabile e trasferirsi su Titano, satellite di Saturno. Jack (Cruise) e la sua compagna Vika (Andrea Riseborough) fanno parte di una missione per estrarre le ultime risorse vitali dal pianeta e si occupano della manutenzione dei droni di sorveglianza. Vivono in una splendida casa-base avveniristica a metà tra cielo e Terra e proprio quando la missione sta per giungere a termine, Jack s’imbatte in una misteriosa ragazza (Olga Kurylenko) e in un gruppo di guerriglieri superstiti che rimetteranno in discussione tutto ciò che reputava reale fino a quel momento.
Parliamo prima di quello che salviamo del film: le ambientazioni e la fotografia, quest’ultima curata dal Premio Oscar per Vita di Pi Claudio Miranda. Anche se, soprattutto in alcune scene girate all’interno dell’abitazione di Jack e Vika, si ha la netta sensazione di sfogliare una rivista di arredamento, visivamente Oblivion ha un suo stile preciso non distante da quello di Tron: Legacy, ma sicuramente più maturo e consapevole. Gli ambienti in cui Jack si muove sono leggeri e impalpabili, anche quando simboleggiano i luoghi di culto di una società (la nostra) ormai distrutta. Non si salva invece il plot, che con incedere letargico pretende di tenere vigile lo spettatore con qualche colpo di scena affatto originale e non sempre significativo nel dare uno scossone di rado convince la storia a cambiare direzione. E Tom Cruise? Lo salviamo a metà. A cinquant’anni suonati riesce ancora ad abitare fisicamente la scena in modo impeccabile; stuntman di se stesso e perfettamente a proprio agio nelle scene d’azione, questa volta Cruise però era stato chiamato a interpretare un personaggio in cui doveva far coesistere una parte più action e spaccona e un’altra riflessiva e malinconica. Inutile dire che la prima ha finito per sopraffare la seconda, di cui si scorgono davvero poche tracce.
Nonostante le due ore e passa di durata, non si può dire che Oblivion annoi, ma nemmeno che brilli né coinvolga più di tanto. Occasione persa per Tom Cruise, che come presunto “last man on Earth” poteva avere il suo perché.
Voto 6
Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.
Tom Cruise non molla e a cinquant’anni suonati ha ancora voglia di salvare il mondo.
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